Una passeggiata nel bosco alla ricerca delle testimonianze della civiltà agraria in Puglia
Non è la prima volta che lo nomino. Parlo del Bosco delle Pianelle quando consiglio
dove andare a passare Pasquetta o Ferragosto; lo rievoco quando parlo della mia
infanzia, insomma è un luogo a cui sono particolarmente legata. È il rifugio
naturale per un po’ tutti gli abitanti della zona che vogliono concedersi un
po’ di tempo nella natura, senza andare particolarmente lontano. Infatti, oltre
all’area pic nic, ci sono più sentieri
che si addentrano nel bosco. È sempre un po’ come giocare al piccolo esploratore quando decido di
andare a fare una passeggiata “alle Pianelle” e prendo un nuovo sentiero,
perché nonostante ci vada sin da piccola, non posso dire di conoscere tutti i
sentieri.
Oltre al rapporto del tutto personale che mi lega a questo
bosco, ciò che lo rende particolare è la sua storia, il legame tra il territorio e l’uomo; le tracce di questa relazione si
incontrano seguendo i sentieri. Ti faccio un piccolissimo preambolo: questa
zona abbondava di pascoli, acqua, selvaggina e legname. Era a tutti gli effetti
un tesoro per la popolazione del
luogo, perché qui trovava buona parte delle risorse di cui aveva bisogno per vivere. Ecco perché passeggiare in
questo bosco non è come essere circondati dalla natura selvaggia, ma, piuttosto,
dalla natura che ha gentilmente concesso all’uomo di utilizzare i suoi beni.
Quando ho scoperto la storia del Bosco Pianelle e delle
tracce della presenza dell’uomo ancora in vista, ho pensato di andare a fare
un’escursione con l’intento preciso di scovarle. Si tratta di segni che parlano
della storia di questa zona pugliese,
del bosco e che dopo tutti questi anni, se non secoli, ormai sono diventati
parte integranti della foresta, una testimonianza del legame dell’uomo col
bosco.
Diamo un’occhiata ai cartelli che indicano e descrivono
sommariamente tutti i percorsi e prendiamo il Sentiero della Foggia Motolese.
Pochi passi e incontriamo una costruzione nera. Ci avviciniamo e ci accorgiamo
che è fatta di tronchi di legno di diverse dimensioni ed è lì a ricordare che
questo bosco era zona in cui veniva raccolta la legna da trasformare in carbone
vegetale per mezzo delle carbonaie. Cosa
sono le carbonaie? Si trattava di strutture che avevano la forma di una
montagnola, costituita da pezzi di legno, con un camino centrale e cunicoli
laterali. Nel camino centrale veniva fatta bruciare la legna in maniera tale
che ci fosse poca ossigenazione: una volta partita la combustione, il camino
veniva coperto con un coperchio e un tappo di terra, impedendo all’aria di
entrare. Così facendo, proprio per la mancanza di ossigeno, ci sarebbe stata
combustione imperfetta e il legno si sarebbe trasformato in carbone, anziché
cenere. A me è subito venuto in mente quanto pericoloso potesse essere lavorare
con del fuoco in una zona boschiva, ma mi è stato fatto notare che una volta
non c’era tutta l’attenzione verso la preservazione delle risorse naturali che
abbiamo (o dovremmo avere) noi oggi.
Continuiamo lungo il sentiero e dopo poco incontriamo
un’altra costruzione, in pietra questa volta: un abbeveratoio. Come mai si trova qui? Per spiegartelo ho bisogno di
raccontarti un po’ di storia del bosco e della zona. Nel 1310 agli abitanti di
Martina Franca venne concesso il diritto di “legnare, pascere e acquare” i
propri animali cioè, per dirla in italiano moderno, raccogliere legna, far
pascolare e abbeverare gli animali domestici, nei territori compresi tra
Ostuni, Mottola e Massafra senza pagare tasse. Ovviamente questo privilegio
portò molta gente a trasferirsi e abitare la zona di Martina Franca, proprio
per poter usufruire di questo vantaggio. Nel 1359 il principe di Taranto
Roberto d’Angiò assegnò ai martinesi un territorio piuttosto ampio ad uso
civico. Col tempo questo territorio
concesso alla popolazione si è ridotto, passando anche a proprietari privati e
ciò che resta di quegli antichi demani collettivi è l’attuale Bosco delle
Pianelle. Ecco perché in più punti del Bosco si incontrano questi abbeveratoi
insieme alle “fogge”, delle antiche
cisterne per la raccolta dell’acqua piovana.
Un altro segno della presenza dell’uomo immancabile qui sono
i muretti a secco: sono ovunque e
molto ben conservati. Addirittura su alcuni ci sono le scale, sempre fatte con
pietre che sbucano dal muretto, per passare da un lato all’altro senza dover
scavalcare.
Ho sempre saputo che la natura e l’uomo sono intimamente
connessi e se c’è un bosco, di sicuro la storia lo ha visto in stretto contatto
con le attività umane e che questo può essere stato importante per l’economia
della zona in cui si trova. Scoprire quanto il Bosco delle Pianelle fosse
prezioso per la popolazione locale e vedere le tracce di questo rapporto mi ha
sorpresa e mi ha regalato una nuova prospettiva da cui guardare questo luogo
familiare e sconosciuto allo stesso tempo.
Ora dimmi tu, conosci boschi dove si possono trovare le
tracce che testimoniano il legame tra l’uomo e la natura?
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