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Il Parco Archerologico di Manduria: alla scoperta dei Messapi (Parte 2)

 

Una passeggiata nella storia di Manduria per conoscere i Messapi, un popolo fiero e ricco. Ripercorriamo le loro tracce nel Parco Archeologico di Manduria

Mura messapiche e fossato nel Parco Archeologico di Manduria

Continuiamo la nostra passeggiata nella storia di
Manduria e dei Messapi e ripartiamo esattamente da dove ci eravamo fermati.



Il nucleo sepolcrale

Nucleo sepolcrale messapico nel Parco Archeologico di Manduria


Nel parco ci sono vari nuclei sepolcrali,  ma quello che ci mostra Anna è forse il più articolato e variegato che possiamo vedere. 

Facciamo gli equilibristi tra le tombe scavate nella roccia, una vicina all’altra in ordine sparso, tutte diverse e di epoche differenti. Alcune sono piccole e ci potrebbero far pensare che abbiano accolto dei giovani corpicini, ma non sembra essere così. Ai bambini, infatti, era dedicato un altro rituale funebre: venivano posti in dei recipienti e poi inumati vicino le abitazioni. E allora chi c’era in queste piccole fosse? 

È più probabile che ci fossero persone adulte, sepolte in posizione fetale. Anna ci dà due spiegazioni a questa usanza: la prima, un po’ più filosofica, vede il defunto riaccolto nel grembo della Madre Terra dopo la morte; quella un po’ più pratica è legata alle tecniche di scavo poco avanzate. In effetti questa tipologia di tomba è per lo più arcaica. 

Più si va avanti nel tempo, più le fosse diventano grandi, regolari, addirittura intonacate e con ancora dei resti di pittura. In quelle più recenti c’è perfino un’ulteriore nicchia sul fondo: sono delle tombe familiari e questo piccolo ambiente aggiuntivo fungeva da ossario per dare sepoltura ai defunti che precedentemente occupavano la fossa. 

Il morto veniva accompagnato nel suo viaggio nell’aldilà dal corredo funebre, grazie al quale oggi riusciamo a capire chi fosse e quale posizione ricoprisse all’interno della società. E qui arriva la parte più interessante. 

Tomba messapica intonacata nel Parco Archeologico di Manduria

Nelle tombe di alcune donne è stato trovato un particolare vaso, la trozzella, un elemento tipicamente messapico, legato al culto dell’acqua ed esclusivamente femminile. Si è scoperto che lo possedevano solo le esponenti di alto rango, con una posizione d’importanza all’interno della comunità. Questa scoperta, insieme a ciò che abbiamo imparato riguardo all’acqua davanti al Fonte Pliniano, va ad avvalorare la tesi che la società messapica fosse matriarcale.

Passeggiare nel Parco Archeologico non vuol dire solo attraversare uno spazio in cui sono stati ritrovati dei reperti, ma è un vero e proprio viaggio nella storia ed è come se davvero conoscessimo un po’ meglio i Messapi, la loro cultura, la loro ricchezza e fierezza nel loro modo di difendersi, attento e strategico, e nella cura rispettosa per i propri defunti.
 

San Pietro Mandurino

Chiesetta di San Pietro Mandurino nel Parco Archeologico di Manduria


Adesso ci allontaniamo dalle mura per andare a visitare un altro luogo, sempre all’interno del parco, che mischia storia a leggenda: la chiesa di San Pietro Mandurino.     

Prima di entrare a scoprire questa chiesetta incorniciata dalla campagna manduriana, ci fermiamo un momento per ascoltare una storia. Si racconta che nel 44 d.C. San Pietro arrivò via mare a Manduria e qui incontrò il re Fellone, che era gravemente malato. L’apostolo lo battezzò nel fiume Chidro e il sovrano guarì. Da lì San Pietro cominciò la sua opera di evangelizzazione e pose la prima pietra di questa chiesetta. 

Non si sa quanto ci sia di vero in questa storia, ma noi adesso ci apprestiamo a scoprire l’edificio leggendario. È composto da tre elementi di epoche diverse e noi stiamo per attraversarle. Entriamo. 

La costruzione dalla quale accediamo  risale al periodo più recente dei tre, al XII secolo, ed è composta da due piccoli vani, uno con soffitto a falso trullo (falso perché è stata usata della malta per tenere i blocchi insieme, mentre il vero trullo ha una struttura autoportante) e l’altro a botte.

Volta a falso trullo nella chiesetta di San Pietro Mandurino

Ad accoglierci ci sono i dipinti di San Pietro nell’abside e di Santa Rosalia sulla parete adiacente. Non restiamo molto qui perché Anna ci invita a scendere delle scalette scavate nella roccia per andare negli ambienti ipogei che si trovano sotto la chiesa. Ci guida verso una porta, in una stanza, la parte più antica del complesso. 

Siamo nel IV-III secolo a.C., in una tomba a camera ipogea. Sui muri è stata affrescata la natività, con i Magi su dei cavalli (sì, cavalli e non i cammelli, su cui l’arte rinascimentale ci abituati a vedere i tre re). Accanto alla porta ci sono anche i profeti Geremia e Isaia, coloro che annunciarono la nascita di Gesù. Dipingendo anche loro, l’Antico e il Nuovo Testamento sono stati riuniti in un’unica stanza. 

Tutti i personaggi della storia raccontata su questi muri sono bizantini; il solo elemento che ci ricorda che siamo in terra messapica sono le travi purpuree affrescate sul soffitto.

Scalette scavate nella roccia nella chiesetta di San Pietro Mandurino

Profeta Isaia nella tomaba a camera ipogea sotto San Pietro Mandurino

Tomba a camera ipogea sotto San Pietro Mandurino


Questo è il momento in cui Anna ci parla della fine dei Messapi. Il romano Quinto Fabio Massimo espugnò Manduria nel 209 a.C., facendo 3000 prigionieri. Ma perché? 

Manduria, che come abbiamo visto aveva una rete di contatti commerciali molto florida, si era alleata prima con Taranto e con Brindisi invece che con Roma e i Romani non potevano tollerare un simile affronto. 

Fu allora che cominciò il declino dei Messapi e di Manduria, che subì una sorta di damnatio memoriae fino a scomparire persino dalle pagine di storia. Nel 1090 Ruggero I d’Altavilla la riportò alla luce col nome di Casalnuovo e infine riprese il suo nome messapico nel 1789 con Ferdinando IV di Borbone. 

Riattraversiamo la porta, che in origine era chiusa e rappresentava la divisione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, e ci troviamo in una chiesa ipogea del VIII secolo d.C. 

A differenza di quanto avviene nelle chiese di epoca successiva, in quelle bizantine le navate si contano da est verso ovest. Quindi qui non abbiamo 5 navate divise da colonne ipogee, ma 2 con le rispettive absidi, una caratteristica alquanto inusuale anche per una chiesa bizantina ipogea. In un'abside è stata rappresentata la Deposizione dalla Croce; nell’altra troviamo Sant’Antonio Abate con il maiale al guinzaglio.

Deposizione nell'abside della chiesa ipogea sotto San Pietro Mandurino

Chiesa bizantina ipogea con doppio abside sotto San Pietro Mandurino

Sulle altre pareti, in ogni nicchia, c’è l’affresco di un santo cristiano che, con colori ancora sorprendentemente vividi, ci parlano di come la scoperta della fede li abbia cambiati. Molti di loro hanno barbe lunghe, vestono umilmente e sono immersi in luoghi naturali e solitari dove dedicarsi alla vita di eremiti. 

Troviamo anche santi locali, come Santa Sofronia, che abitava sull’isola di San Pietro di fronte Taranto, e dopo la morte il suo corpo venne accudito dalla natura. Sembra farlo anche nella realtà, con un piccolo geco che si è posato in corrispondenza dell’orecchio della santa, come se fosse un orecchino.

Santa Sofronia con un geco come fosse un orecchino

Siamo giunti alla fine del nostro viaggio nella storia dei Messapi, un viaggio che abbiamo iniziato e finito nelle viscere della terra, prima in un luogo sacro e pagano, poi circondati dalla santità cristiana.
 
Ringrazio Anna e la cooperativa Spirito Salentino per avermi guidata e fatto scoprire quanto ricca fosse la civiltà dei Messapi e la bellezza del Parco Archeologico, con la sua storia e i suoi misteri.
Se vuoi conoscere anche tu il Parco e avere informazioni su come prenotarti per una visita guidata, puoi visitare direttamente il sito del Parco Archeologico.

 


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