Una passeggiata nella storia di Manduria per conoscere i Messapi, un popolo fiero e ricco. Ripercorriamo le loro tracce nel Parco Archeologico di Manduria
Il nucleo sepolcrale
Nel parco ci sono vari nuclei sepolcrali, ma quello che ci mostra Anna è forse il più articolato e variegato che possiamo vedere.Facciamo gli equilibristi tra le tombe scavate nella roccia, una vicina
all’altra in ordine sparso, tutte diverse e di epoche differenti. Alcune sono
piccole e ci potrebbero far pensare che abbiano accolto dei giovani
corpicini, ma non sembra essere così. Ai bambini, infatti, era dedicato un
altro rituale funebre: venivano posti in dei recipienti e poi inumati vicino le
abitazioni. E allora chi c’era in queste piccole fosse?
È più probabile che ci
fossero persone adulte, sepolte in posizione fetale. Anna ci dà due spiegazioni
a questa usanza: la prima, un po’ più filosofica, vede il defunto riaccolto nel
grembo della Madre Terra dopo la morte; quella un po’ più pratica è legata alle
tecniche di scavo poco avanzate. In effetti questa tipologia di tomba è per lo
più arcaica.
Più si va avanti nel tempo, più le fosse diventano grandi,
regolari, addirittura intonacate e con ancora dei resti di pittura. In quelle
più recenti c’è perfino un’ulteriore nicchia sul fondo: sono delle tombe
familiari e questo piccolo ambiente aggiuntivo fungeva da ossario per dare
sepoltura ai defunti che precedentemente occupavano la fossa.
Il morto veniva
accompagnato nel suo viaggio nell’aldilà dal corredo funebre, grazie al quale oggi riusciamo a capire chi fosse
e quale posizione ricoprisse all’interno della società. E qui arriva la parte
più interessante.
Nelle tombe di alcune
donne è stato trovato un particolare vaso, la trozzella, un elemento tipicamente messapico, legato al culto dell’acqua ed esclusivamente femminile. Si è scoperto che lo possedevano solo le
esponenti di alto rango, con una posizione d’importanza all’interno della
comunità. Questa scoperta, insieme a ciò che abbiamo imparato riguardo
all’acqua davanti al Fonte Pliniano, va ad avvalorare la tesi che la società messapica fosse matriarcale.
Passeggiare nel Parco Archeologico non vuol dire solo attraversare uno spazio in cui sono stati ritrovati dei reperti, ma è un vero e proprio viaggio nella storia ed è come se davvero conoscessimo un po’ meglio i Messapi, la loro cultura, la loro ricchezza e fierezza nel loro modo di difendersi, attento e strategico, e nella cura rispettosa per i propri defunti.
San Pietro Mandurino
Adesso ci allontaniamo dalle mura per andare a visitare un altro luogo, sempre all’interno del parco, che mischia storia a leggenda: la chiesa di San Pietro Mandurino.Prima di entrare a scoprire questa chiesetta incorniciata dalla campagna manduriana, ci fermiamo un momento per ascoltare una storia. Si racconta che nel 44 d.C. San Pietro arrivò via mare a Manduria e qui incontrò il re Fellone, che era gravemente malato. L’apostolo lo battezzò nel fiume Chidro e il sovrano guarì. Da lì San Pietro cominciò la sua opera di evangelizzazione e pose la prima pietra di questa chiesetta.
Non si sa quanto ci sia di vero in questa
storia, ma noi adesso ci apprestiamo a scoprire l’edificio leggendario. È
composto da tre elementi di epoche
diverse e noi stiamo per attraversarle. Entriamo.
La costruzione dalla
quale accediamo risale al periodo più
recente dei tre, al XII secolo, ed è composta da due piccoli vani, uno con
soffitto a falso trullo (falso perché è stata usata della malta
per tenere i blocchi insieme, mentre il vero trullo ha una struttura
autoportante) e l’altro a botte.
Ad accoglierci ci sono i dipinti di San Pietro
nell’abside e di Santa Rosalia sulla parete adiacente. Non restiamo molto qui
perché Anna ci invita a scendere delle scalette
scavate nella roccia per andare negli ambienti
ipogei che si trovano sotto la chiesa. Ci guida verso una porta, in una
stanza, la parte più antica del complesso.
Siamo nel IV-III secolo a.C., in una
tomba a camera ipogea. Sui muri è
stata affrescata la natività, con i Magi su dei cavalli (sì, cavalli e non i
cammelli, su cui l’arte rinascimentale ci abituati a vedere i tre re). Accanto
alla porta ci sono anche i profeti Geremia e Isaia, coloro che annunciarono la
nascita di Gesù. Dipingendo anche loro, l’Antico e il Nuovo Testamento sono stati
riuniti in un’unica stanza.
Tutti i personaggi della storia raccontata su
questi muri sono bizantini; il solo
elemento che ci ricorda che siamo in terra messapica sono le travi purpuree affrescate sul soffitto.
Questo è il momento in cui Anna ci parla della fine dei Messapi. Il romano Quinto Fabio Massimo espugnò Manduria
nel 209 a.C., facendo 3000 prigionieri. Ma perché?
Manduria, che come abbiamo
visto aveva una rete di contatti commerciali molto florida, si era alleata
prima con Taranto e con Brindisi invece che con Roma e i Romani non potevano
tollerare un simile affronto.
Fu allora che cominciò il declino dei Messapi e
di Manduria, che subì una sorta di damnatio memoriae fino a scomparire persino
dalle pagine di storia. Nel 1090 Ruggero I d’Altavilla la riportò alla luce col
nome di Casalnuovo e infine riprese il suo nome messapico nel 1789 con
Ferdinando IV di Borbone.
Riattraversiamo la porta, che in origine era chiusa e
rappresentava la divisione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, e ci
troviamo in una chiesa ipogea del
VIII secolo d.C.
A differenza di quanto avviene nelle chiese di epoca
successiva, in quelle bizantine le navate si contano da est verso ovest. Quindi
qui non abbiamo 5 navate divise da colonne ipogee, ma 2 con le rispettive absidi, una caratteristica alquanto inusuale anche per una chiesa bizantina
ipogea. In un'abside è stata rappresentata la Deposizione dalla Croce;
nell’altra troviamo Sant’Antonio Abate con il maiale al guinzaglio.
Sulle altre
pareti, in ogni nicchia, c’è l’affresco di un santo cristiano che, con colori
ancora sorprendentemente vividi, ci parlano di come la scoperta della fede li abbia
cambiati. Molti di loro hanno barbe lunghe, vestono umilmente e sono immersi in
luoghi naturali e solitari dove dedicarsi alla vita di eremiti.
Troviamo anche
santi locali, come Santa Sofronia, che abitava sull’isola di San Pietro di
fronte Taranto, e dopo la morte il suo corpo venne accudito dalla natura.
Sembra farlo anche nella realtà, con un piccolo geco che si è posato in
corrispondenza dell’orecchio della santa, come se fosse un orecchino.
Siamo giunti alla fine del nostro viaggio nella storia dei Messapi, un viaggio che abbiamo iniziato e finito nelle viscere della terra, prima in un luogo sacro e pagano, poi circondati dalla santità cristiana.
Se vuoi conoscere anche tu il Parco e avere informazioni su come prenotarti per una visita guidata, puoi visitare direttamente il sito del Parco Archeologico.
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