Quali sono i dolci pasquali della tradizione pugliese? E perché hanno quelle forme? Scopriamo insieme cosa si prepara per Pasqua in Puglia e cosa questi dolci simboleggiano
La settimana di Pasqua
è sempre stata caratterizzata dalla preparazione dei dolci pasquali tradizionali in casa. Noi piccoli ci mettevano
insieme alla mamma con farina, uova, latte e burro per fare le scarcelle. La mamma preparava l’impasto
e una volta pronto era il nostro turno: piccole manine si impegnavano per dare
alla sfoglia appiccicaticcia la forma di una colombella, metterle un occhietto
di cioccolato, il becco di mandorla, una spolverata di codette di zucchero
(perché così è tutta bella colorata!) e, infine, l’uovo sodo, che prima era
stato attentamente decorato con i coloranti alimentari. Così passava il
pomeriggio tra risa, pezzetti di impasto attaccati un po’ ovunque, seduti per
terra a contemplare il forno e vedere le nostre scarcelle crescere e dorarsi.
È un ricordo
d’infanzia, ma la tradizione casalinga di metterci a preparare i dolci pasquali
della tradizione è ancora viva e vegeta… forse un po’ meno chiassosa. Si sa che
io non sono solita condividere ricette ( non è il tema del blog e, diciamocelo,
non è che sia proprio un’autorità in campo culinario), ma la ricetta della
scarcella e degli altri dolci pasquali pugliesi la trovate nel blog di Stefania,
Tra Monti, Mari e Gravine (lei, sì, è un’autorità!). Quindi io di cosa ti
parlerò in questo post? Vedremo quali
sono questi dolci, perché non c’è
solo la scarcella, e del loro significato.
Non ti parlerò delle preparazioni pasquali
in generale (temo che un post non basterebbe), ma solo di quelli pugliesi e ancora più nello specifico
di quelli che si preparano nell’area del
Tarantino. Cominciamo!
La scarcella
Ne ha viste tante di
forme la scarcella nel corso degli anni: un cerchio, un panierino, una colomba,
persino un coniglietto. Insomma ogni famiglia ha la sua forma preferita e
ognuno dà libero sfogo alla sua fantasia, soprattutto poi se a modellare la
pasta sono dei bambini! Però sembra che il tratto fondamentale della scarcella
non sia la figura, quanto l’uovo sodo
nel centro “legato” da due o più stringhe
di pasta. Certo, l’uovo è un simbolo di
fertilità, di rinascita e la Pasqua cade proprio in primavera, ovvero il
periodo in cui la natura si risveglia. In un mondo cristiano, però, questa
spiegazione lascia spazio alla simbologia religiosa. Il termine scarcella pare
derivare dal verbo “scarcerare”. A
Pasqua l’uovo al centro della scarcella viene liberato, quindi scarcerato, dai
suoi vincoli (dolci, ma pur sempre di vincoli si tratta). Questa sarebbe
l’allegoria per il Cristo che a Pasqua è scarcerato dalla prigionia del
sepolcro per risorgere. E pensare che da piccola conservavo l’uovo per ultimo…
Corone, fruste e
tenaglie
Primi fra tutti, i taralli che rappresentano la corona di
spine. Quando ero bambina non attiravano molto la mia attenzione (io avevo la
mia bella scarcella!), però gli adulti apprezzavano sempre tanto la loro
presenza. Ora che sono cresciutella capisco perché: sono spettacolari inzuppati
nel vino. In casa si narra di leggendarie ubriacature a suon di taralli e vino.
Le fruste e le pinze
parlano da sole. Intrecciando un salamino di pasta si realizza una specie di
scudiscio; accoppiando e modellando due pezzettini invece si ottengono le pinze
con cui sono stati estratti i chiodi: con un po’ di manualità e pazienza
diventano davvero realistiche. Su come modellarle, trovi più dettagli nel post
di Stefania.
Parliamo di sapori
Spero che questo
piccolo tuffo nelle tradizioni pasquali pugliesi abbiano stuzzicato un po’ la
tua curiosità e che vorrai provare anche tu a fare le scarcelle o i taralli.
Sapevi che in Puglia si
preparano questi dolci? E sapevi cosa simboleggiano? Dimmelo nei commenti e nel
frattempo ti do appuntamento al prossimo post!
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