Arroccato su un colle, imponente, controlla il territorio.
Il suo è un compito importante: vegliare sul Golfo di Taranto e sulla
quell’antica strada, la via Appia – Traiana. Ne ha visti di secoli susseguirsi,
dal lontano 1221; tanti signori lo hanno posseduto e abitato; ha visto guerre,
battaglie e briganti. Oggi accoglie i suoi visitatori e racconta loro la sua
storia.
Il castello svevo di
Rocca Imperiale mi ha dato proprio questa impressione quando l’ho visto per
la prima volta. Nessuno di noi sapeva della sua esistenza, nemmeno io che ormai
tra i miei amici ho la fama di conoscere l’ubicazione di quasi tutti i castelli
di Federico II. Rocca Imperiale è un
paesino che si arrampica su un colle al confine tra la Basilicata e la
Calabria. In cima troneggia il castello. Lassù il vento soffia con forza,
contribuendo a dare un’atmosfera un po’
gotica al complesso (e questo succedeva ad agosto. Prova a immaginare come
potrebbe essere in autunno!).
Come fantasia di ognuno di noi vorrebbe, attraversiamo un
arco per superare la cinta muraria ed ritrovarci nel cortile del castello. Più
che di un cortile, in realtà, parlerei di uno spiazzo che offre una vista
splendida del panorama sotto di noi da un lato e del fossato dall’altro. Sì, lo
so, siamo su un colle eppure c’è un fossato, pensato per restare asciutto per
giunta. La sua funzione era quella dare asilo e quindi proteggere gli abitanti
del luogo che ne avessero fatto richiesta durante le battaglie. Se poi sia
stato effettivamente utilizzato a tale scopo non ne abbiamo la certezza. Appena
entrati troviamo ad attenderci una guida che ci accompagna per tutte le aree
del castello e ci illustra la sua storia nel minimi dettagli.
Guadagniamo l’entrata: attraversiamo il ponte che ci separa
dal portale federiciano e già da qui scorgiamo una lunga scalinata. Basta
questa vista e il luogo mi ha già conquistata. Alzo lo sguardo e mi accorgo che
il soffitto è per lo più inesistente e il vento non trova l’ostacolo delle
finestre e ulula forte. Mette i brividi, nonostante la temperatura estiva. In cima alla scala una figura sembra
attenderci, un cavaliere. Solo una volta arrivati ci rendiamo conto che si
tratta di un disegno eseguito ad opera d’arte. La guida ci ferma e ci fa notare
un simbolo scolpito nella parte alta della parete: un ghirigoro, una sorta di
“H” articolata. Potrebbe essere la “H” di Hohenstaufen, il cognome di Federico
II, oppure, in qualche maniera, potrebbero essere una “D” e una “C” che
starebbero per “Duchi Crivelli”, proprietari del castello dal 1717. L’ultima
ipotesi è la più affascinante e paradossalmente accreditata: un simbolo alchemico, rappresentante il
sole e la luna. Un esponente dei duchi Crivelli infatti era un noto alchimista
e lo stesso simbolo è stato trovato sulla sua tomba.
Continuiamo la visita per le stanze del castello, 365, una
per ogni giorno dell’anno. L’atmosfera è misteriosa,
un fascio di luce che penetra dalle finestre o dalle porte illumina solo ciò
che decide di farci vedere. Ci facciamo un’idea delle cucine; attraversiamo la
piazza d’armi, dove ancora è visibile l’omaggio alla scoperta degli scavi di
Pompei su una parete che una volta doveva essere interamente color rosso pompeiano; ci
addentriamo negli appartamenti, abitati fino al 1989, e terminiamo con le
scuderie, che dovevano ospitare 15 cavalli, facendo ipotizzare che l’esercito
contasse 60 unità. Mancano all’appello le prigioni, che purtroppo non sono
ancora state messe in sicurezza.
La guida ci lascia: siamo liberi di girare. Scopriamo nuovi
ambienti, la cappella diroccata e le scale che terminano nel nulla ci fanno
pensare che dovessero esserci ulteriori piani superiori.
Ogni tanto lo sguardo vaga sull’orizzonte e si riempie di
meraviglia: da un lato il mare, dall’altro i monti. Certo che Federico
sceglieva proprio bene dove costruire i suoi castelli!
Data la vicinanza di Halloween, ho scelto di
scrivere di questo castello in chiave un po’ diversa, fermo restando che ho fatto
davvero le esperienze di cui ho scritto e, se ti trovi da queste parti, ti consiglio di fermarti a visitarlo, perché ne vale davvero la pena. Per i dettagli storici e
descrittivi ti rimando al sito del comune di Rocca Imperiale, che è molto più
preciso e dettagliato di quanto io possa essere.
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