Per una persona come me, affascinata dalla figura di
Federico II di Svevia, il pensiero della Sicilia va a braccetto con quello
dell’imperatore. Se la sua presenza in Puglia è stata notevole, in terra sicula
si potrebbe dire che l’imperatore era onnipresente. Ecco perché quando sono
stata a Siracusa con degli amici ho dato per scontato che avrei incontrato
anche qui il buon vecchio Federico. Manco a dirlo che, quasi per caso,
camminando per un’assolata e afosa Ortigia ci ritroviamo all’entrata di
Castello Maniace.
Il caldo, il solleone, il sudore, il profumo del mare, la
luce accecante e la brezza marina che ti scompiglia i capelli fanno da cornice
a questo gigante affacciato sulla punta estrema dell’isola.
A quanto pare il castello venne costruito in questo punto
tra il 1232 e il 1240 da Federico perché fosse visto da tutti nella sua
imponenza e ancora oggi direi che continua a rispettare il volere del suo
signore.
Camminando per gli ambienti del castello noto abbastanza
presto che questo è alquanto diverso dagli altri castelli di Federico che ho
avuto occasione di visitare. In effetti per questo castello è stata utilizzata,
per la prima volta su castello svevo, una pianta incentrata sulla combinazione
di due forme geometriche, il quadrato e il cerchio, e la ripetizione di alcuni
numeri. Visto l’uomo che era Federico, non si può pensare che facesse cose di
questo genere per puro caso o diletto. Infatti tutto ha un significato legato a
simboli, che per noi, gente moderna, potrebbero rientrare nella superstizione.
Ma ricordiamoci che stiamo parlando del Medioevo, un periodo in cui i simboli avevano un’importanza non da poco.
Perché il quadrato? Questa figura è rappresentata dal numero 4, che aveva
diversi significati a seconda dei popoli: rappresentava la terra e la Chiesa
rivelata attraverso le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le
sembianze della divinità e infine per i Greci erano 4 gli elementi primordiali
alla base della scuola presocratica. Il cerchio, evidenziato nelle torri, invece
era un simbolo di perfezione, dove tutto inizia e finisce; per gli Orientali
era la rappresentazione del sole e della vita e per i Greci il cosmo. Altro
numero ricorrente qui è il 5, per esempio nelle crociere, unione di 2 e 3. A
quanto pare Federico conosceva e aveva contatti col matematico Fibonacci e i
numeri che ritroviamo sono proprio i numeri primi della sua famosa serie, la
quale si dice desse origine all’universo e alle arti applicate.
La nostra visita si svolge per buona parte all’aperto e si
rivela una bella prova di resistenza con i 40°C dell’agosto siculo. Un
ambiente, il centrale, dà un’idea di quello che dovesse essere in origine il
salone del castello con una foresta di colonne a scandirne gli spazi. Noi ne
approfittiamo per ripararci dal sole che sembra proprio non avere pietà di noi,
visitatori incuranti della calura estiva. Dagli interni si dedurrebbe che
Federico vi soggiornasse insieme alla sua corte durante i suoi viaggi; d’altra
parte è evidente la sua struttura tipicamente difensiva con torri e mura di
cinta. Ciò che lascia perplessi è però la mancanza di ambienti dedicati
all’alloggio di una guarnigione. A questo proposito si pensa che dovesse
esserci stato un secondo piano: il primo avrebbe avuto per lo più una funzione
estetica e ricreativa, mentre il secondo sarebbe stato utilizzato per svolgere
le funzioni militari e logistiche. Oggi, mentre si passeggia su e giù per le
rampe che portano da un ambiente all’altro, spetta all’immaginazione completare
le volte e i muri che delimitavano gli spazi del resto del castello che ormai non
esistono più. La nostra fatica viene ripagata quando arriviamo sul tetto, dove gli occhi si riempiono dell’azzurro del
mare che incontra il cielo terso. Adesso a noi questa immagine dona serenità;
chissà se ai tempi avrebbero pensato la stessa cosa, quando dal mare poteva
arrivare il pericolo?
Ovviamente col tempo il castello ha subito delle modifiche a
seconda delle necessità del momento e dei diversi proprietari. Fu utilizzato come
prigione nel XV secolo; nel 1704 l’esplosione di una polveriera sconvolse l’edificio che poi venne ricostruito; in epoca napoleonica vennero aggiunte delle bocche da
cannoni; infine durante il regno dei Savoia venne usato come deposito
per materiale militare fino alla Seconda Guerra Mondiale. Oggi invece è il
simbolo del potere e della genialità di Federico II.
Nel 2015 è stato inserito nel corpo di fabbrica
l’Antiquarium: in una parte sono conservate delle cartografie antiche che
illustrano la storia del castello; in un’altra si trovano reperti
architettonici ceramiche e maioliche che vanno dal XIII al XIX secolo rinvenuti
durante gli scavi nel castello. Sono bellissimi i due arieti bronzei che in
origine decoravano il prospetto del castello. Vennero poi donati dal re Alfonso d’Aragona
nel 1448 al capitano Giovanni Ventimiglia dopo che questi, al termine di un
banchetto nelle sale del castello, fece uccidere i convitati perché accusati di
tradimento. Quelle esposte al castello oggi sono due copie: dei due è arrivato
fino a noi solo un esemplare, conservato nel Museo Archeologico di Palermo.
L’altro purtroppo è andato distrutto.
Questo castello è stato una sorpresa. Dopo aver visitato
molti castelli di Federico II è stato affascinante trovare elementi nuovi,
diversi da quelli che ho sempre trovato in Puglia. Come per Castel del Monte,
ho visto un’attenzione a degli elementi che di solito non si considerano nella
costruzione di un edificio, sia che esso debba essere utilizzato come residenza
sia che nasca con una funzione difensiva. Scoprire che un uomo possa pensare e
far realizzare un’opera funzionale ai suoi scopi, senza per questo tralasciare
simboli che lo caratterizzano e che hanno contribuito a costruire la sua fama
di uomo carismatico, è stato il valore aggiunto di questa visita e rende Castello
Maniace una tappa obbligatoria dell’isola di Ortigia.
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