Scopriamo il conservatorio botanico I giardini di Pomona. Incontriamo il fondatore del conservatorio, Paolo Belloni, e parliamo con lui del suo progetto in questa intervista.
Nel cuore della Valle
d’Itria, nelle campagne di Cisternino,
esiste un piccolo angolo di paradiso naturale, dove puoi lasciarti accompagnare
alla scoperta della natura e della biodiversità
mediterranea e, in particolare, pugliese. È il conservatorio botanico I giardini
di Pomona.
Ho scoperto il conservatorio quasi per caso, spulciando un giorno la mappa della Valle d’Itria, e subito ha destato la mia curiosità. Prima di visitarlo, ho cercato qualche informazione sul loro sito e ho scoperto una realtà tutta orientata alla valorizzazione della natura pugliese e alla sua fruizione in maniera sostenibile.
Ho
pensato subito che una visita non mi sarebbe bastata. Volevo saperne di più! Ho
contattato il fondatore del conservatorio, Paolo Belloni, per poterlo
intervistare e parlare un po’ del suo progetto anche qui sul blog e lui ha
gentilmente accettato.
Ciao Paolo! Grazie per
la tua disponibilità! Il tuo progetto è molto interessante e soprattutto parla
della tua passione per la biodiversità e del tuo amore per la natura. Come nasce
il Conservatorio botanico I giardini di Pomona?
Il progetto nasce nel 1994 con l’intento di recuperare le
vecchie varietà di alberi locali. La Pomona a cui è dedicato il conservatorio è la
dea dei giardini e dei frutteti, a cui abbiamo scelto di affidarci.
L’idea di questo progetto nasce da un grande problema di cui tutti si preoccupano, in particolare le istituzioni universitarie e i ricercatori: la perdita di biodiversità. Io ho sempre pensato che questo problema non fosse solo di chi si occupa di ricerca, ma di tutti noi: si tratta di un patrimonio collettivo, che è importante innanzitutto far conoscere alla gente, per poi attirare l’attenzione sul fatto che stia velocemente disperdendosi e su quanto sia opportuno assumere un atteggiamento che permetta a questo patrimonio di rigenerarsi.
Poi mi sono stancato di stare davanti a un cellulare e un computer,
perché non ho mai visto salvare le piante con un convegno, e ho deciso che mi
sarei occupato personalmente di portare avanti questo lavoro. Quindi 16 anni fa
mi sono trasferito da Milano in Puglia. Ho fatto un lavoro di accorpamento
delle proprietà circostanti fino ad avere un’area di 10 ettari, che coltiviamo
in biologico: abbiamo piantato più di 1200 varietà di alberi da frutto.
Il conservatorio è famoso per la sua collezione di fichi. Ci sono 600 varietà di frutti. La biodiversità del fico solo in Puglia è straordinaria, ci sono più di 200 tipologie. Perché proprio il fico?
Prima di tutto ha un frutto squisito, sano (nessuno lo
tratta), energetico, facile da essiccare e conservare. È l’unica pianta che io
conosca che in alcune varietà produce due frutti diversi, in tempi diversi, sullo
stesso albero. È una pianta parsimoniosa (non ha bisogno di né di molta acqua,
né di tanta terra) e generosa; è la pianta che vive più vicina al mare; è facile da coltivare (nonché tra le prime
piante a essere coltivate) e molto resistente alle malattie.
Quali valori guidano
questa attività?
Gli scopi principali che il conservatorio si prefissa sono
tre: trasmettere il patrimonio genetico tramandato nel corso dei secoli da
centinaia di agricoltori; usare in maniera parsimoniosa l’acqua; portare
l’attenzione sui suoli che vanno sempre più incontro alla desertificazione,
quindi ricostituire la microbiologia dei suoli.
Sicuramente l’amore
per la natura è fondamentale. Questo passa sempre da un rapporto affettivo, da
qualcuno che ti ha trasmesso quell’amore. Qui cerchiamo di trasmettere
quell’amore attraverso la conoscenza. Puoi amare qualcosa solo se la conosci.
È proprio vero! Io devo
il mio amore per la natura ai miei genitori e a mio nonno , che sin da piccola
mi hanno sempre portata a fare passeggiate nel bosco, fatto notare le piante
che incontravamo lungo il nostro
cammino, sempre con il massimo rispetto. Quali sono le attività principali che
proponete nel conservatorio per trasmettere questo amore?
Oltre alla didattica
facciamo tanta divulgazione,
proponendo un sistema alternativo di coltivazione, più rispettoso della natura
e dell’ambiente, dei rapporti tra le varie piante e tra loro, l’ambiente e
l’uomo.
Questo luogo nasce anche per la ricerca scientifica. Qui hai la possibilità di confrontare a pochi metri di distanza un’infinità di piante di una stessa specie. Infatti qui vengono i botanici della Royal Horticultural Society. Dispiace un po’ vedere che viene gente in Erasmus dall’estero, quando invece l’agrario qui in 16 anni non abbia mandato una classe, privando gli studenti della possibilità di conoscere differenti tipi di agricoltura. Queste, purtroppo, sono un po’ le chiusure che si riscontrano.
In riferimento all’uso parsimonioso dell’acqua, stiamo mettendo a punto dei metodi di coltivazione che permettano di costituire un sistema autonomo, evitando che l’acqua defluisca a valle portando con sé la terra. In genere si utilizzano le terrazze, ma costruire le terrazze è caro.
Quindi,
prima di tutto, noi abbiamo pensato con un amico permacultore di fare un
accumulatore d’acqua, che lavora in sinergia con i muretti a secco, grandi
produttori di acqua. Abbiamo poi creato dei rilievi di terra, così che l’acqua
scenda e si distribuisca su tutta la linea tracciata, sfruttando lo stesso meccanismo
delle terrazze.
Il nostro intento è quello di piantare una foresta alimentare nello stesso pezzo di terra, su più livelli, così da poterne conservare la biodiversità. Dentro al rilievo ci metterò i tuberi; a livello del suolo pianterò le cucurbitacee, a foglia larga per proteggere il suolo dall’irradiamento solare; a livello intermedio metterò le fabacee; a livello alto le fruttifere arboree resistenti all’aridocoltura.
Così avrò una foresta
alimentare su più livelli, in cui, dopo 3 anni, non sarà più necessario
irrigare. Questo perché le piante amano vivere tutte insieme. Un bosco riesce a
rigenerarsi da solo. L’agricoltura è una grande semplificazione, ma la natura
sta bene nella complessità.
Si parte dalla
didattica per arrivare alla ricerca vera e propria! Ora mi chiedo: visto che la
didattica è tra le attività principali del conservatorio e che i destinatari
sono anche e forse soprattutto i bambini, come si relazionano i più giovani con
temi come la biodiversità?
Ai bambini facciamo fare osservazione col gioco. Un nostro laboratorio tipo è “la caccia al tesoro del piccolo naturalista”. Non puoi amare nulla che tu non conosca e per far amare qualcosa la devi far conoscere, sperando di riuscire a trasmettere quell’amore.
Il problema sta nel fatto che
queste esperienze vengono percepite come “gite scolastiche”, esperienze a sé
stanti. Come minimo i bambini dovrebbero venire 4 volte in un anno, nelle
diverse stagioni e soprattutto dovrebbero avere qualcosa sulla quale possano
applicare cura, altrimenti ha poco senso.
Dovrebbero avere modo
di rendersi conto che la natura è parte fondamentale di ciò che li circonda e
che è importante viverla e rispettarla sempre, non solo quando si va in “gita”.
Otre all’attività didattica e di ricerca il conservatorio è un attrattore
turistico importante e offre anche la possibilità di soggiornare in degli
appartamentini oppure nell’ostello. Quale tipologia di turisti vi raggiunge?
Questa attività diventa un attrattore turistico perché fichi
e agrumi sono l’anticipazione del Mediterraneo per la gente del nord. Gli
agrumi, però, sono facilmente trasportabili, a differenza del fico, che è un
frutto deperibile: non mangerai mai un buon fico se è stato raccolto 5 giorni
prima della piena maturazione. Quindi i turisti vengono qui a mangiarli e quasi
la metà di loro vengono dal Nord Europa.
Per quanto riguarda i visitatori del luogo, il rapporto
Puglia – fico è complesso: ha rappresentato la povertà, si andava a lavorare
con le tasche piene di fichi e quello era tutto ciò che la gente poteva
permettersi. E’ un rapporto piuttosto ambiguo. Questo non vuol dire che i
visitatori italiani siano meno attratti rispetto a quelli stranieri.
Inoltre questo è un punto di appoggio sia per i turisti che
percorrono la ciclovia dell’acquedotto che il Cammino Materano. Abbiamo anche
un ostello per ospitare i cicloturisti e tutti coloro che non possono
permettersi di soggiornare negli appartamenti qui, ma vogliono sostare comunque
nei giardini con costi più contenuti. A me interessava che ci fosse questa
possibilità di accesso.
È una soluzione che
diventa sostenibile a 360°, per il luogo e per il turista, che può soggiornare
in maniera responsabile anche se ha un budget limitato. Con un progetto così
ambizioso avete incontrato difficoltà nella sua realizzazione? Per esempio con
i vicini o con la burocrazia…
Non direi veri e propri problemi. Per esempio con i vicini, riguardo alla tipologia di agricoltura che facciamo qui, non bisogna ascoltare troppo le critiche. Alla fine devi fare come pensi tu. Per certi versi sono andato un po’ per la mia strada.
Secondo me un progetto è come un seme raro,
che ha dentro tutto il suo sviluppo. Se tu non fai il bravo giardiniere e muore,
è inutile che tu cerchi di tenerlo in vita. Se è morto, è morto. Se però si sta
sviluppando, ha al suo interno tutta la sua evoluzione. Quando sono arrivato
qua, il fico è stata la prima pianta che ho raccolto e mi sono concentrato sulla
valorizzazione di tutte le parti della pianta e delle sue proprietà in rapporto
con la salute dell’uomo.
Per il resto, non ho avuto altri problemi con i vicini, anche
perché loro mi hanno venduto i terreni. Forse solo con quello che aveva il
terreno in mezzo, però entrambi sapevamo che lui era l’unico a potermelo
vendere e lui sapeva che io ero l’unico a poterglielo comprare, quindi ci siamo
messi d’accordo.
Neanche burocraticamente potrei dire di aver avuto problemi. Quando ho presentato il mio progetto alla Regione Puglia, ho proposto un conservatorio botanico che avrebbe fatto da attrattore turistico, chiedendo loro i sovvenzionamenti per sistemare i trulli; la remunerazione dei trulli avrebbe aiutato la conservazione della natura.
Ora nel piano paesaggistico
territoriale regionale, tra le buone pratiche della Regione Puglia ci sono I giardini di Pomona.
Sono molto contenta di aver scoperto questa realtà così attenta e attiva non solo nella conservazione delle specie arboree locali, ma anche impegnata nella loro valorizzazione .
Non sono tante le attività che si dedicano
al mantenimento della biodiversità e si adoperano nella divulgazione con tanto
amore e tanta passione. Questo luogo è un tesoro per tutti noi e ringrazio
Paolo per il suo impegno nel conservare questa biodiversità che un po’ è anche
nostra.
Il conservatorio è visitabile tutti i giorni, tranne il
giovedì, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 fino al tramonto. Le visite
guidate durano da 1 a 2 ore ed è necessario prenotare.
Il costo della visita è di € 8,00 per gli adulti; € 4,00 per
i bambini; € 6,00 per visite senza guida.
Se vuoi sapere di più del conservatorio botanico I giardini di Pomona, trovi tutte le informazioni al sito www.igiardinidipomona.it
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