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Grand Tour e sostenibilità


Come il Grand Tour può diventare fonte di ispirazione per viaggiare responsabilmente

Le viaggiatrici del Grand Tour - Going for a Walk


In questi giorni mi sono imbattuta in più articoli online che analizzavano il futuro del turismo. Tra questi alcuni hanno attirato la mia attenzione, perché riprendevano un concetto a cui anche io ho pensato in questa circostanza: il Grand Tour.

Cos’è il Grand Tour?


Il Grand Tour era il viaggio formativo intrapreso dai rampolli della nobiltà europea nel ‘600 per completare la propria istruzione in campo artistico e, dovendo affrontare diverse situazioni e incontrare realtà lontane a quelle di casa, farne una vera e propria scuola di vita. L’Italia era una tappa principale e imprescindibile nel Grande Viaggio. Per qualche mese i viaggiatori si spostavano e soggiornavano nelle città italiane imparando l’arte e la cultura del luogo.

Molti vedono il Grand Tour come l’antesignano del turismo di massa, ma non credo che considerarlo tale sia completamente corretto. In realtà il Grand Tour era qualcosa che potevano permettersi in pochi, per lo più solo i nobili. Pensiamo solo che questi viaggi duravano mesi e mesi, alle volte anche anni. Fu nell’Ottocento che il Grand Tour si aprì anche a chi non era esponente della nobiltà, alla classe borghese, e il viaggio cominciò a essere qualcosa non più solo per i ricchi nobili, ma anche per le classi benestanti.

Ovviamente durante questi viaggi nacquero alcuni degli stereotipi che ancora oggi sopravvivono. Per esempio, noi italiani veniamo ancora considerati da chi si adagia su queste considerazioni poco accurate poco razionali e governati dalle nostre passioni. Per fortuna alcuni viaggiatori e alcune viaggiatrici in particolare avevano un approccio più aperto e “responsabile” nei confronti della destinazione in cui si trovavano e dei locali che incontravano. Da questo punto di vista è stato illuminante il libro di Attilio Brilli Le viaggiatrici del Grand Tour, in cui si evince che proprio le donne furono le viaggiatrici più attente e aperte a questo aspetto del viaggio. Loro stesse bistrattate dai loro corrispettivi maschili, guardavano agli italiani e i locali in genere al di là delle apparenze. Il viaggio era l’occasione per uscire dalla “prigione” della loro condizione di donne, in un periodo in cui l’uomo era al centro delle attività sociali, e soprattutto era un momento per aprire i loro orizzonti.

Mentre leggevo questo libro, regalatomi provvidenzialmente all’inizio della quarantena, ho riflettuto sul modo di viaggiare attuale e sull’attenzione sempre crescente per un turismo che sia responsabile nei confronti dell’ambiente e delle destinazioni a tutto tondo. Ho cominciato a chiedermi se fosse possibile riavvicinarci a quel modo di viaggiare, più lento, più attento, qualcosa che non sia un viaggio mordi e fuggi. Certamente sarebbe necessario ripensare al concetto di viaggio come lo abbiamo sempre conosciuto e convertirlo in qualcosa di diverso e nuovo. Certo, non è possibile pensarci come i nobili del Grand Tour in giro per mesi e mesi, a meno che non si tratti del nostro lavoro. Chi però non ha a disposizione tutto questo tempo e, diciamocelo, questa disponibilità economica, come può fare? Dovremmo cambiare il modo in cui concepiamo il viaggio e le vacanze, ma anche quello in cui gestiamo il tempo che dedichiamo a queste attività.

In un periodo così particolare, come quello che viviamo adesso, stiamo, chi più chi meno, realizzando che la soluzione per far ripartire il turismo in Italia sia di rivolgerci verso la territorialità, cioè verso quello che ci è più vicino e che, nonostante ciò, potremmo conoscere poco. Faccio un esempio pratico: io vivo in Puglia, in provincia di Taranto, potrei dire nel bel mezzo della regione, e al confine con la Basilicata. Pensi forse che io conosca alla perfezione le due regioni? Assolutamente no! Ne ho esplorato una buona fetta, ma certamente mi mancano così tante cose da vedere, che una vita intera non mi basterebbe per conoscerle alla perfezione. Chi  può dire con assoluta certezza di conoscere perfettamente la propria regione?

Questo è il momento giusto per fare dei piccoli Grand Tour e, come i rampolli di una volta, esplorare il nostro territorio, le sue bellezze naturalistiche e artistiche, assaggiarne le tipicità gastronomiche e lasciarsi coinvolgere dalle sue tradizioni. Il tutto fatto seguendo i dettami del turismo responsabile.

Partiamo dai mezzi di trasporto

Fortuna vuole che il nostro territorio stia rivalutando antichi percorsi e sentieri e li stia rendendo agibili per essere percorsi in bicicletta, a piedi, con l’asinello, insomma in una varietà di modi sostenibili. Perché non intraprendere un cammino del genere per raggiungere diverse destinazioni? Il viaggio fatto in questa modalità diventa una vera e propria esperienza di vita, che magari ci permette di sperimentare nuovi modi per vivere il viaggio.

Ciclovia dell'acquedotto pugliese - Going for a Walk

Le strutture ricettive

I dettami del turismo responsabile dicono di prestare attenzione alla tipologia di struttura scelta a vantaggio di quelle che operano nella piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica della località in cui lavorano. In un momento in cui tutti i settori hanno patito una perdita di produttività, una valida opportunità di ripresa potrebbe essere la collaborazione tra le varie realtà imprenditoriali locali per l’offerta di un servizio completamente local. Dal punto di vista del turista, pensa a quanto può essere bello fermarsi, magari dopo ore di cammino, in una struttura che gli offre tutta la tipicità locale possibile. Un’immersione completa nell’ambiente e nella cultura del luogo che visita. Personalmente ne sarei davvero molto entusiasta. La scelta di un’alternativa sostenibile, ovviamente, non è solo responsabilità del turista, ma anche degli operatori del settore e penso che questo periodo sia quello giusto per pensare a convertirsi a un’offerta più responsabile.

L’arte e la cultura

Abbiamo visto che il Grand Tour era incentrato sulla conoscenza dell’arte e della cultura del Paese in cui si era in visita. L’Italia era una delle destinazioni favorite perché ne era ed è una delle più ricche, è una delle nazioni che fanno scuola in questo ambito, l’ha sempre fatto! Spesso noi siamo così abituati a questa ricchezza che quasi non ci facciamo caso e diamo per scontato quello che abbiamo. Questo è il momento giusto per riconnetterci con quello che ci ha caratterizzati per secoli: la nostra cultura. I musei, i castelli, le cattedrali sono lì che ci parlano di noi, della nostra storia, dei capolavori di cui siamo stati capaci e di quel genio artistico che un po’ tutti ci portiamo dentro in quanto italiani. Questo è il momento per riscoprirci. Se c’è una cosa che dovremmo imparare dai viaggiatori borghesi del Grand Tour (quelli che viaggiavano per viaggiare e non per completare i propri studi), è che per conoscere e comprendere l’arte e la storia, non c’è bisogno di essere degli accademici, perché un museo è lì per spiegare seduta stante ciò che si sta guardando e, quindi, imparando.

Prendiamoci il tempo

Ci lamentiamo sempre di non avere mai abbastanza tempo. E se invece di corrergli dietro, cercando di “sfruttarlo” al meglio, ce lo prendessimo per fare, con calma e al nostro ritmo, ciò che desideriamo. Più andiamo avanti e più vogliamo velocità, efficienza, il cosiddetto “tutto e subito”, ma c’è qualcosa di profondamente innaturale in questo concetto. Siamo esseri umani, non computer: abbiamo bisogno dei nostri tempi, come la natura per dare i suoi frutti. Perché non darci il giusto tempo per fare ciò che vogliamo? La società ci dice che dobbiamo essere sempre più veloci, che se non corriamo a destra e a manca non stiamo facendo abbastanza e alla fine siamo tutti stressati. Almeno quando facciamo qualcosa per noi stessi, come un viaggio, una vacanza, concediamoci il giusto tempo per goderci il momento e se quel tempo non ci basta per fare tutto quello che avevamo programmato, probabilmente volevamo fare troppe cose insieme. Il rispetto non deve essere solo per l’ambiente, per la cultura o per la popolazione locale, ma anche verso noi stessi e darci tempo è un grande gesto di rispetto nei nostri confronti.

Il Grand Tour nasce come uno svago e come un momento di crescita su vari fronti. Penso che quando lo si valuta come possibilità per ripartire da un punto di vista turistico, si faccia riferimento proprio a questa sua caratteristica poliedrica, che gli permette di essere, sì, una valvola di sfogo e relax, ma anche l’occasione per conoscere e scoprire qualcosa in più sul luogo in cui viviamo, sulle nostre tipicità, su ciò che eravamo e ciò che siamo.

Ora chiedo a te cosa ne pensi. Avevi già sentito parlare del Grand Tour? Prenderesti in considerazione questa modalità di viaggio? Aspetto di leggerti nei commenti.

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