Passa ai contenuti principali

Perché il falò di San Giuseppe?


Da dove ha origine la tradizione del falò per il giorno di San Giuseppe? Scopriamo l'evoluzione di questo festeggiamento da celebrazione pagana a cristiana.


19 marzo.
Giorno di San Giuseppe.
Festa del Papà.
Ci si prepara per il falò.


Da bambina il programma era questo: si festeggiava la Festa del Papà e la sera ci si riuniva con gli amici per il falò di San Giuseppe. Allora non mi sono mai chiesta il perché di questa tradizione: era solo un momento per stare tutti insieme intorno al falò a ridere, scherzare, giocare e mangiare. Una serata di divertimento, insomma.

Come ho ripetuto più volte nel blog, crescendo ho sviluppato un profondo interesse per il folklore e le tradizioni, che animano i popoli di differenti culture e ho cominciato a cercarne la spiegazione. Sono partita da quelle che mi erano più vicine e ho iniziato condividere le mie scoperte in questo spazio virtuale. In periodo di San Giuseppe mi sembra appropriato ricercare il significato della tradizione del falò, che, diciamolo, ha in sé qualcosa di mistico e ipnotico.

Come buona parte delle nostre tradizioni, l’origine del falò di San Giuseppe risale a quando la popolazione era ancora pagana e il Cristianesimo non aveva ancora convertito antichi rituali in celebrazioni legate ai santi o ai suoi riti religiosi. Il fuoco nella nostra cultura ha sempre avuto un duplice significato: 1) la distruzione, simbolicamente, di ciò che angoscia la società; 2) la rigenerazione e la prosperità per gli uomini e gli animali. 

Concentriamoci sulla data: il 19 marzo è a ridosso dell’equinozio di primavera, momento in cui la stagione fredda, con i suoi rigori, lascia il passo alla primavera, alla rinascita della terra e alla prosperità. In pratica festeggiare intorno al falò in passato era il modo per celebrare il passaggio dall’inverno alla primavera, dalla stagione rigida e fredda a quella più mite e feconda.  


Abbiamo già visto che anche in altre occasioni si usava accendere falò, per esempio come avveniva durante la notte tra il 31 ottobre e il primo novembre. Questo ci fa capire che questa pratica rappresentava quasi un momento per delineare, in maniera più o meno definita, il ciclo delle stagioni. Se consideriamo che questi riti erano legati per lo più alla tradizione rurale, un mondo in stretta connessione con la natura e con i suoi ritmi, non ci stupisce che tale consuetudine venisse mantenuta nonostante l’avvento della religione cristiana e che quest’ultima si sia vista quasi obbligata a convertire un rito pagano in una celebrazione religiosa. Non a caso, il legame con la cristianità è rappresentato dal fatto che nel falò venivano arsi dei rami d’ulivo per far sì che la nuova stagione fosse florida grazie all’aiuto celeste.  

Io ricordo con piacere e spensieratezza quei momenti, in cui ci si riuniva per stare insieme e festeggiare questa giornata, tutti intorno al falò a vederlo scoppiettare davanti a noi.

Ora dimmi, hai  mai partecipato a un falò di San Giuseppe? Conoscevi l’origine di questa tradizione? Cosa si fa dalle tue parti? Fammi sapere nei commenti e ti do appuntamento al prossimo post!


Commenti

Post popolari in questo blog

Storie di umanità nei conflitti mondiali: il Museo Civico di Manduria

  Immergiamoci nella storia moderna di Manduria e scopriamo come da una guerra possono nascere storie di collaborazione tra popoli di diversa lingua e cultura. Visitiamo insieme il Museo Civico di Manduria. Ti ho parlato spesso di Manduria in questo blog: ti ho accompagnato per le strade del suo centro storico , ci siamo immersi nella sua storia alla scoperta dei Messapi , abbiamo gustato il suo vino amato nel mondo , ti ho mostrato la bellezza del suo mare e delle sue meraviglie naturali . Oggi torno a parlarti della città del vino Primitivo per guidarti in un altro luogo custode della memoria dei manduriani. Ti porto a scoprire il Museo Civico di Manduria dedicato alla Seconda Guerra Mondiale. Read in English

I misteri della cattedrale di Acerenza

Un paese definito "città- cattedrale", un monumento tra i più importanti della Basilicata e dei misteri che abitano tra le sue mura. Attraversiamo il portale e visitiamo la cattedrale di Acerenza. Visitare una cattedrale, a prescindere che si sia credenti o meno, è sempre emozionante. È come entrare in un’opera d’arte, nella storia del luogo che la ospita e nelle sue credenze. Se a questo si aggiunge un pizzico di mistero,   qualcosa mi sussurra di prendere la macchina fotografica, il taccuino e salire in macchina alla scoperta del nuovo arcano. Ti parlo della cattedrale di Acerenza , un piccolo borgo della Basilicata , in provincia di Potenza, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia . Si racconta che questo luogo sacro sia legato a un personaggio a cui difficilmente si penserebbe in questo spazio di mondo, il conte Dracula .

Le Grotte di Sileno, dove natura, archeologia e sostenibilità si incontrano

  Natura, storia, archeologia, sostenibilità.  È possibile trovarle tutte insieme in un unico posto? Pare proprio di sì e sono in Puglia, a Castellaneta, custodite nello scrigno de Le Grotte di Sileno. Immagina un posto dove riconnetterti con la natura , un luogo dove puoi conoscerla meglio e ricaricarti, circondata da ulivi secolari , vigne e reperti archeologici . Che te ne pare? Vorresti visitare un posto così? Ebbene, ti do una buona notizia: questo luogo esiste e si trova in Puglia , sull’ultimo scalone della Murgia tarantina, a Castellaneta . Ti presento Le Grotte di Sileno .