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Una visita all'Abbazia Cistercense di Piona




Esistono luoghi di infinita bellezza e pace. Ne ho trovato uno un giorno in vacanza sul lago di Como. Un’oasi di silenzio e serenità, che ti ristora e mette in equilibrio col resto del mondo. Questo posto è l’Abbazia Cistercense di Piona.

Arrivati in Olgiasca, una stradina di ciottoli conduce verso l’Abbazia. La vista sul lago ti invita a mettere da parte tutti i pensieri, tutte le preoccupazioni, per abbandonarti al senso di meraviglia e pace. Questa sensazione aumenta via via che ci si avvicina all’abbazia.


Un cancello aperto. Due statue, come due guardiani, guardano dall’alto la macchina che attraversa l’entrata. L’abbazia nasce da una comunità di monaci benedettini, che, per dedicarsi alla vita da eremiti, hanno scelto uno dei luoghi più belli d’Italia. Il silenzio regna sovrano: solo gli animali si permettono di infrangerlo.


La chiesa tardo-romanica è semplice, accogliente, avvolgente, ti invita alla preghiera. La penombra potrebbe dare una sensazione di disagio, l’atmosfera potrebbe far sentire il visitatore un piccolo peccatore, eppure non è così. Ti porta, invece, a prendere posto su una panca, ammirare la discreta bellezza degli interni e il silenzio che ti avvolge mette a tacere anche il chiasso dentro di te.


Il chiostro, che conserva il Cippo di Agrippino, rivela una vita ancora attiva all’interno del complesso. Sotto un grande albero un pozzo antico con una pompa nuova lascia intendere che esso svolga ancora la sua funzione.


Una distesa di ulivi, per un attimo mi sembra di essere ancora in Puglia, e poi delle panchine alla fine di un viottolo lastricato, rivolte verso una riproduzione della grotta e della Madonna di Lourde: un altro luogo di contemplazione, dove sia il corpo che lo spirito trovano la propria pace.


Una discesa anonima, costeggiata da alberi, conduce al lago. In fondo una madonnina guarda benevola e abbraccia tutto ciò che la circonda. Ci si sente quasi blasfemi a fare delle foto per ricordare il momento e la bellezza del luogo.


La visita di questo luogo, in sé, è breve. L’abbazia, a confronto con altri edifici religiosi visitati, non trova la sua ricchezza in quello che può dare artisticamente ai suoi visitatori. Piuttosto li arricchisce di qualcosa impalpabile, di invisibile, di quella cosa che noi tutti ricerchiamo, poche volte troviamo, e che quando l’abbiamo ci sentiamo in pace con noi stessi e con il mondo. Direi che è, per così dire, quell’essenziale che è invisibile agli occhi.

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