Hai mai provato a unire trekking e yoga? Oggi ti parlo della mia esperienza all’interno della Gravina di Castellaneta, in cui, grazie a Puglia Canyon experience, ho potuto fare un’escursione alla volta di una grotta naturale dove abbiamo praticato yoga e ci siamo riconnessi alla Madre Terra.
A chi viene in visita nella Terra delle Gravine consiglio
sempre di fare un’escursione in gravina. Io stessa ne ho fatte diverse e ho
sempre scoperto cose nuove. Ogni gravina è differente dall’altra e ha la sua
peculiarità. Dipende tutto anche da qual è lo scopo dell’escursione.
Ad esempio, se il fine del trekking nella gravina è quello di
entrare in un mood di connessione con la natura che culminerà con una lezione
di yoga in una grotta naturale, ecco che abbiamo un’avventura originale e
coinvolgente su più livelli.
Ho potuto vivere un’esperienza così grazie a Federica ed Edo
di Puglia Canyon experience, che hanno organizzato il trekking nella gravina di
Castellaneta unendolo alla lezione di yoga tenuta dalla maestra Federica del
Centro Yoga Surya di Castellaneta.
Ora, inspiriamo, mettiamoci in ascolto del nostro respiro,
dei suoni della natura intorno a noi e cominciamo il nostro percorso di
trekking e yoga nella Gravina di Castellaneta.
La Gravina di Castellaneta
Oggi al loro interno vive un ecosistema unico con una
vegetazione ricca e variegata e la nostra guida Federica ce lo racconta
mostrandoci gli arbusti tipici di questa zona, che compongono la macchia mediterranea.
La vegetazione della gravina
Inspira e goditi il profumo della Terra delle Gravine! Timo,
camomilla, rosmarino solleticano il naso, mentre le piccole orchidee endemiche
e i fiori di tarassaco tingono di viola e giallo il nostro sentiero.
La natura ha sempre fornito all’uomo ciò di cui aveva bisogno
per vivere o per semplificarsi la vita. Federica ci indica alcune piante molto
utilizzate in passato: incontriamo la saggina, con cui si costruivano le scope,
il lentisco, da cui si produceva l’olio (i poveri lo usavano a scopo
alimentare, mentre i ricchi come olio lampante).
Di tanto in tanto incontriamo un carrubo, il cui frutto è
definito anche cioccolato dei poveri (in effetti il sapore delle carrube
ricorda molto l’aroma del cioccolato) e scendendo un po’ nella gravina le
piante di acanto, che forse ricorderai per la decorazione dei capitelli
corinzi, come ci insegnano a scuola.
Il Lino delle Fate
In questa zona della Puglia si trova un’erba particolare:
lunga, leggera e lanuginosa sembra accarezzarti mentre ondeggia sotto la brezza
che soffia sopra la gravina. È la stipa, conosciuta anche con il nome di Lino
delle Fate per la sfumatura argentea che assume sotto la luce del sole.
Questo nome fantastico è dato da una leggenda. Si dice che le
fate durante la notte scendessero dalla Murgia per venire a raccogliere
quest’erba e che con essa cucissero i propri vestitini leggiadri e vellutati
per danzare alla luce della luna.
A vedere questi lunghi fili argentei piegarsi e arricciarsi
in punta come fruste, ma in modo molto più dolce ed elegante, verrebbe quasi
naturale crederci, a questa leggenda.
Gli insediamenti rupestri
Continuiamo la nostra passeggiata e scendiamo al “piano
inferiore”. Facendo attenzione a dove mettiamo i piedi, atterriamo in una
grotta. Siamo nell’insediamento di Santa Lucia. Come molte delle città che si
sono sviluppate sui cigli delle gravine, anche Castellaneta ha la sua
tradizione rupestre e una storia di grotte utilizzate come abitazioni o rifugi.
Queste caverne hanno storie da raccontare. Storie di uomini
che si ingegnavano per renderle accoglienti e abitabili e di altri che
lottavano per i propri diritti e per quelli dei più deboli. Noi oggi li
ricordiamo visitando questi luoghi e raccontando la loro storia ed è qui che Federica
ci narra quella del brigante di Castellaneta, Antonio Locaso.
Antonio era un ragazzo lucano che venne a Castellaneta per
lavorare come pastore. Un giorno vide un padrone a cavallo travolgere e
uccidere una donna che aveva rubato delle spighe di grano dal campo. Antonio, vedendo
quell’ingiustizia, malmenò l’uomo e lo lasciò sanguinante. Per paura delle
conseguenze del suo atto, scappò, diventando un brigante, e si nascose nelle grotte
della gravina. Alla fine Antonio venne tradito dai suoi stessi compagni: fu
arrestato, ucciso e il suo corpo venne esposto al pubblico per due giorni.
Risaliamo per ritornare sul ciglio della gravina. Un mare di
spighe gialle riempie l’orizzonte e costeggia i bordi del sentiero che ci
conduce verso la nostra meta. Il sole caldo rilassa la pelle, che fino a
momento fa era tesa per l’umidità e la frescura delle grotte.
Il ponte ferroviario, che prima vedevamo lontano
all’orizzonte, si fa sempre più vicino e più grande. Scorgiamo accanto un altro
ponticello, più piccolo, sterrato, adatto al passaggio pedonale. Attraversa la
gravina e mette in comunicazione i comuni di Castellaneta e di Palagianello,
dall’altra parte del canyon. Lo imbocchiamo e
ci godiamo questa passeggiata suggestiva, da cui possiamo avere una
visione unitaria e magnifica della gravina.
Adesso questo ponte è di pietra, ma un tempo era il vecchio
ponte ferroviario in ferro. Negli anni ’30 Mussolini lo fece demolire per
poterne recuperare il ferro e lo fece ricostruire in pietra. Il ponte stesso ce
lo racconta, con quel “A/IX” su un pilastro. È la data di costruzione: anno
nono, cioè il nono anno del fascismo.
Se sei appassionato di cammini, ti sarà utile sapere che di
qui passa anche il Cammino Materano. Una bella camminata con vista mozzafiato,
direi.
Ci siamo quasi, la
nostra meta non è molto lontana, anzi ci siamo proprio sopra. Questo è
il momento di riutilizzare gli antichi percorsi, le vecchie scalette, quelle
che usavano gli uomini che vivevano nelle grotte. È il momento di scendere.
Yoga in grotta
Scendiamo con attenzione, ci avventuriamo nelle cavità
rocciose, un occhio a dove mettiamo i piedi e uno alla gravina là fuori, per
non perderci la sua maestosità, la sua bellezza.
Siamo arrivati nella grotta dell’insediamento di Santa
Colomba, nel comune di Palagianello, ma sempre nella Gravina di Castellaneta.
Alcune cornici di antichi affreschi medievali ormai invisibili e cisterne
scavate nella roccia per la raccolta dell’acqua testimoniano la vita che un
tempo ha visto questa grotta.
Prendiamo posto, stendiamo il tappetino e siamo pronti a
riconnetterci ancor di più con la Madre Terra, a ritrovare quel legame con la
nostra essenza. Quale posto migliore per farlo se non in una grotta,
all’interno dell’elemento terra. E ora, in pace, iniziamo la nostra lezione di
yoga in grotta.
Dopo la lezione di yoga, in questa atmosfera di pace
ritrovata, prima di rientrare, Federica ci sorprende con una pausa inaspettata
e profumata: un semplice, ma corroborante caffè, con tanto di moka e fornellino
da campeggio. Ormai per loro è un rito che ripropongono a ogni escursione.
Ora che mente e corpo sono in equilibrio, rifacciamo il
percorso a ritroso per tornare al punto da cui eravamo partiti. È stata
un’escursione di quelle che non ti aspetti, con momenti di scoperta, di ascolto
e di riconnessione. Unire trekking e yoga è un modo inusuale per riscoprire la
natura che ci circonda e di entrare in contatto con essa anche a un livello più
profondo. Un’esperienza che ti consiglio davvero di provare!
Cosa ne dici? Ti incuriosisce l’idea di unire due attività
tanto diverse eppure così simili come il trekking e lo yoga?
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