L’aria salmastra scompiglia i capelli mentre si percorre il
lungomare della città vecchia. Davanti a noi si staglia un panorama che suscita
sentimenti contrastanti. Taranto è
così: una città dove i contrasti convivono, dove il bellissimo e il bruttissimo
condividono lo stesso orizzonte. Abbiamo di fronte un mare cristallino, un cielo
limpido, gli yacht galleggiano ormeggiati nel porto; scostiamo gli occhi un po’
più in là e vediamo le ciminiere dell’ex Ilva.
Volgo lo sguardo dall’altro lato, verso la città. Il
paradigma è lo stesso: a case diroccate di dubbia solidità si alternano chiese
e palazzi signorili che fanno bella mostra di sé. Il contrasto con i vecchi
edifici li fa spiccare ancor di più nella loro bellezza. Siamo diretti proprio
in uno di questi palazzi, uno dei più importanti e famosi di Taranto: Palazzo Pantaleo. Al suo interno ospita
gli uffici dell’assessorato alla cultura e, ciò che interessa a noi, il Museo Etnografico “A. Majorano”.
Entriamo.
Le impiegate alla reception ci guardano con sorpresa, come se
non si aspettassero dei visitatori. In effetti è proprio così: purtroppo il
palazzo non vanta molte visite. Tuttavia questo ci permette di avere un guida
personale, che ci accompagna per le sale del palazzo e del museo. Ci tiene a
specificare che lei non è la guida e non conosce tutti i dettagli del palazzo,
ma è sicuramente più appagante visitare il palazzo con lei che da soli.
Il palazzo venne costruito da una delle famiglie più ricche
di Taranto, i Pantaleo, e dà un’immagine fedele della costruzione così com’era
nel XVIII secolo. È infatti il palazzo che si è conservato meglio fino ai giorni
nostri. È bello vedere come anche chi
frequenta assiduamente il palazzo, come la nostra guida, si lasci coinvolgere
dall’entusiasmo nel mostrare ambienti perfettamente conservati o pezzi
letteralmente unici per un palazzo del genere, come la stalla o la grande
cucina economica (che sembra nuova pur non essendolo). La scalinata che ci
porta ai piani superiori è imponente e i soffitti sono così alti da farti
sentire perso nel vuoto. La guida va tranquilla e noi a un certo punto dobbiamo
riprenderci dal nostro stupore per correrle dietro.
Primo piano, le sale del palazzo. Soffitti decorati,
pavimenti maiolicati, grandi porte rosse, tutto originale, tutto perfettamente
conservato. Ha un che di stupefacente questo palazzo: nonostante dia sul mare e
sia esposto a umidità e salsedine, tutto è rimasto come un tempo. Ci imbattiamo
nella signora delle pulizie, che saluta caldamente la guida e si scusa,
imbarazzata, quando si accorge di noi. Salutiamo anche noi la signora dal
sorriso gentile e sincero e la lasciamo lavorare, scusandoci noi, anzi, per
averla interrotta. Ecco un altro indizio che ci fa capire quanto siano rari e
inaspettati i visitatori qui. Lasciamo la signora al suo lavoro e ci dirigiamo
verso il pezzo forte del palazzo, la Galleria, dove il soffitto è interamente
decorato da tele dipinte a tempera e al centro campeggia un capolavoro di
Domenico Carella. Restiamo senza parole col naso all’insù. Negli ultimi anni mi
è capitato spesso di vedere le opere di questo pittore, ma non ci si abitua mai
a tanta bellezza. Le due stanze che conservano questi dipinti sono le uniche
con le finestre chiuse, per non sfidare la sorte e rischiare che l’umidità
rovini irreparabilmente le opere.
Si sale ancora. Il museo etnografico è dedicato ad Alfredo Majorano, un uomo tarantino che
ha dedicato la sua vita al recupero e
alla collezione di tutto ciò che fa parte della tradizione pugliese in generale, ma soprattutto tarantina. Si passa dalle ceramiche
alle testimonianze fotografiche del fenomeno della taranta e del tarantismo, dalle
statuette di santi a riproduzioni di dolci tipici della tradizione natalizia e
pasquale tarantina, dagli utensili provenienti dalla cultura rurale alle opere
teatrali scritte da Majorano stesso fino a una riproduzione in cartone pressato
del centro storico di Taranto, non fedele nell’ubicazione dei palazzi, ma
ugualmente suggestivo.
Nonostante i pochi visitatori, il museo è molto curato. La
guida ci spiega che sono in corso lavori per renderlo più completo e
accogliente, come, per esempio, la creazione dei pannelli esplicativi nelle
stanze dell’esposizione.
La nostra visita si conclude dopo due ore di completa
immersione nella storia e nella tradizione di Taranto. Siamo contenti di far
parte dei, seppur pochi, visitatori del palazzo e del museo e di aver dato il
nostro contributo per, non solo la loro sopravvivenza, ma anche per il loro
sviluppo. Ci auguriamo davvero che in futuro l’arrivo di persone in visita non
desti più tanta sorpresa.
Per prenotare la visita guidata di Palazzo Pantaleo lascio qui il link al sito della guida turistica Gianpiero Romano.
Per prenotare la visita guidata di Palazzo Pantaleo lascio qui il link al sito della guida turistica Gianpiero Romano.
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