“Ah, ma c’è un matrimonio.
Non possiamo entrare adesso”
“Allora andiamo a fare un giro. Torniamo più tardi, dai.”
Gli sposi sorridenti
si mettono in posa per scattare le foto sul sagrato di Santa Sofia, uno
dei simboli di Benevento. Una volta era anche una delle chiese più importanti
della Longobardia Minor. Siamo
venuti qui proprio seguendo i Longobardi:
dopo aver visitato Monte Sant’Angelo, in Puglia, la curiosità per questo popolo
ci ha portati a in questa città.
Santa Sofia è la
prima tappa della visita a Benevento,
forse quella a cui tengo di più al momento. Ora che è di fronte a me, senza la confusione
dei festeggiamenti nuziali, trovo un edificio semplice, di dimensioni ridotte. È decisamente più vistoso il
campanile antistante la piazza. Ma se è vero che non bisogna giudicare un libro
dalla copertina, non voglio farlo neanche con le chiese, perciò attraversiamo
la piazza ed entriamo.
L’interno è vuoto, tranquillo, nulla lascia intendere che
poco prima ci sia stato un matrimonio. Dal cartello “non lanciare riso sul
sagrato della chiesa” deduco però che molte coppie scelgano questa chiesa per
la cerimonia e non è difficile capirne il motivo. Una foresta di colonne
riempie l’edificio dalla particolare pianta stellare. Ci basta questo per
rimanere a bocca aperta. Le pareti sono spoglie, salvo per alcuni resti degli
affreschi originali che raffigurano Storie
di Cristo e della Vergine.
Prima di partire mi sono informata su questa chiesa – non
parto mai impreparata - quindi so bene che ciò che vedo non è tutto risalente
al 760, l’anno della costruzione. Dopo aver subito i danni di un terremoto nel
1688 si colse l’occasione per restaurarla secondo i canoni artistici del tempo
con forme barocche. Solo nel 1951 venne riportata al suo aspetto originale,
anche se la facciata continua a conservare un gusto barocco.
“Quattro euro e vediamo il Chiostro e il Museo del Sannio. “
“Andata!”
Dietro la chiesa un vasto edificio gira intorno al chiostro. Una volta era un monastero:
ora è la sede del Museo del Sannio,
che ospita reperti dell’epoca sannita, romana, longobarda e una pinacoteca dove
sono esposti quadri del ‘500 e del ‘700. Non posso fare a meno di pensare al
MarTa di Taranto vedendo reperti archeologici dell’epoca romana che ricordano
tanto quelli della nostra zona.
Salutiamo le statue di Trainano e sua moglie e
arriviamo alla sezione dedicata ai Longobardi. Un’area decisamente più
ristretta rispetto alla precedente, ma ugualmente affascinante. I manichini
vestiti di abiti femminili danno un’idea della moda longobarda, un’immagine
nuova che apre una finestra sul quotidiano di un popolo che sono abituata ad
associare principalmente a re e guerrieri.
Sulla sinistra una porta dà sul chiostro.
Il sole si riflette sul verde delle piante e sul bianco del granito e dell’alabastro. Complici gli elementi arabeggianti degli archi, quasi ci sembra di non essere in Italia. Il bello di visitare i chiostri è nel ritrovare la pace, la calma e bellezza dalla quale il mondo tende a distrarci. Una gioia per gli occhi e per l’anima. Di tanto in tanto incontriamo una coppia di colonne diversa dalle altre con i fusti annodati tra loro. Danno l’impressione di essere state annodate per davvero.
Passiamo dieci minuti godendoci quella tranquillità e il
tepore del sole pomeridiano: non potevamo sperare in nulla di meglio dopo una
visita a spasso per la storia del Beneventano.
Usciamo dal museo. La luce del pomeriggio illumina la piazza
di Santa Sofia. L’atmosfera ha un che di magico.
“E ora?”
“E ora andiamo a vedere il resto di Benevento!”
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