Siamo giunti all’ultima tappa del nostro itinerario
federiciano.
Siamo a Bari,
nella periferia del centro storico barese dove si trova il castello svevo. Non ci si accorge della sua presenza finché,
sbucando dalla via che costeggia il Palazzo di Giustizia, non ce lo si ritrova
davanti con il suo grande bastione lanceolato incorniciato dagli alberi che
adornano il viale adiacente le sue mura. Durante gli anni dell’università non
mi sono mai fermata ad apprezzare veramente quanto questa immagine sia maestosa
e mi faccia spalancare gli occhi, lasciandomi senza parole.
Come alcuni dei castelli visti in precedenza, anche questo
nasce sulle rovine di un castello normanno e ha subito delle modifiche con il
susseguirsi dei secoli e dei regnanti. Il bastione di cui dicevo prima, per
esempio, è frutto dei cambiamenti effettuati nel ‘500 per difendere meglio il
castello dal lato terra da eventuali attacchi di cannoni e altre armi da fuoco,
esattamente lo stesso principio che abbiamo già trovato applicato sui castelli
di Barletta e Trani.
Nel momento in cui, avvicinandosi, si riesce ad avere una visione
globale del castello, si ha l’impressione che le mura e i bastioni angolari facciano
da scudo al nucleo principale e centrale del maniero, ovvero il mastio federiciano,
considerato oggi, come anche in passato, il gioiello dell’intera struttura. È evidente la differenza di stile
tra le mura difensive che mi si parano davanti e le torri svettanti,
caratterizzate dal bugnato, dalle finestre ogivali e dagli oculi, che ormai ho
imparato a riconoscere come elementi
tipici di Federico II.
Attraverso il ponte sul fossato ed entro negli spazi adibiti
a biglietteria. Mi appresto a entrare nel mastio federiciano. Leggenda vuole
che questo castello abbia ospitato anche San
Francesco d’Assisi e proprio Federico II abbia messo alla prova la forza
morale dell’uomo tentandolo con una donna, ma senza successo.
Non importa quanto caldo faccia, non importa quanto il sole
sia accecante, non si può fare a meno di rimanere a rimirare a bocca aperta
l’opera d’arte che è il portale a
ogiva decorato con maestria. Mi stupisco sempre di come queste sculture siano
arrivate sino a noi dopo tutti i secoli
e le vicissitudini passate. Questi sono gli elementi architettonici che amo di
più: mi danno sempre l’impressione di essere di fronte a qualcosa di misterioso e lontano nel tempo, quasi magico.
Sono quelle forme che di solito ti aspetti di trovare in ambientazioni
fantastiche e arabeggianti, in leggende popolate da varie creature mitologiche.
Poi attraversi il portale e ti senti una
dama del Medioevo mentre percorri il vestibolo e subito dopo la loggia con le
loro colonne decorate dai dettagliati capitelli. Qui l’oriente ci ha messo del
suo nel vero senso della parola, visto che tra i lapicidi c’era anche
l’orientale Ismael, il quale ha
anche firmato il suo capitello, quello sulla sinistra.
Superata la loggia eccomi nel cortile interno. Una volta era ornato da palme, ma il temuto punteruolo rosso ne ha fatto strage, purtroppo. In una sala sulla destra, la prima a portata di mano appena entrati, viene proiettato un filmato in cui è narrata la storia del castello e a fare da guida c’è niente po’ po’ di meno che il nostro Federico! Ovviamente è una trovata ad hoc che a molti potrebbe non dire niente, ma che fa sorridere quando sei andata in giro per castelli proprio sulle sue orme. In questa sala trovo anche qualcosa di familiare: uno stemma raffigurante un leone che si mangia la coda, l’emblema dei Pappacoda. Rimango stupita alla visione dello stemma della casata dei signori di Massafra, il mio paese, e mi chiedo per quale arcano motivo sia lì. Che relazione c’era? La risposta me la dà Federico stesso dal video: questa famiglia aveva rapporti con la regina di Polonia, Bona Sforza, figlia di Isabella d’Aragona e personaggio importante per la città di Bari. Finito il video potrebbe venir istintivo uscire dalla sala e continuare la visita. E invece no! Sotto questo castello c’è un tesoro, le rovine di una costruzione precedente, di epoca bizantina. Andando in fondo alla stanza e scendendo le apposite scale è possibile vedere gli scavi, che mostrano anche una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e una fornace in cui veniva cotta la creta per la produzione di utensili.
Adesso posso ritornare nel cortile. Da qui si accede a una
chiesetta, alle sale che ospitano la Gipsoteca, la sala sveva e si vede la
scala a doppia rampa che porta al piano superiore, adesso chiuso perché in fase
di restauro. Ai tempi di Federico, però, questa scalinata aveva una sola rampa medievale.
L’impianto attuale fu voluto da Bona Sforza, seguendo i canoni rinascimentali.
Lungo il cornicione del cortile, in latino, si legge anche un’iscrizione che
documenta questi interventi.
E’ un cortile bellissimo, girerei e lo analizzerei nei
minimi dettagli se solo adesso il sole caldo e accecante sulla pietra chiara
non rendesse indispensabile trovare un posto al coperto, subito.
Quindi entro nella Gipsoteca.
Qui sono conservati i calchi in gesso di alcuni degli elementi scultorei più
belli di tutta la Puglia. Sì, sono copie a grandezza naturale, ma la bellezza
di questo posto sta nella possibilità di vedere da vicino sculture che
normalmente vediamo da lontano, come i capitelli delle colonne, o gli elefanti
che ornano la Cattedrale di Bari, o la testa di Eraclio, il Colosso di
Barletta, o la sfinge sul portale della Basilica di San Nicola.
Passate le sale della Gipsoteca mi trovo davanti a un altro
scavo. Ricordate che nella prima sala c’era uno scavo di epoca bizantina?
Eccone un altro: una chiesa, con tanto di tombe e pavimentazione originale. Al
di sopra c’è il Salone Svevo.
All’interno sono conservati vasellame dell’epoca
di Isabella d’Aragona e Bona Sforza, nei quali sono stati ritrovati persino dei
resti di cibo, i modellini del castello di Bari, Barletta e Monopoli e un’interessante mostra fotografica che
documenta come la struttura del castello sia cambiata negli anni, come sia
stato bistrattato, per così dire, in epoca napoleonica, come sia stato adattato
a carcere nel XIX secolo, riporta alla luce il ricordo di un bellissimo
giardino all’italiana che valorizzava il fossato prima che si optasse per un
anonimo prato all’inglese, che ha vita difficile con le condizioni climatiche
pugliesi, e i lavori di restauro per riportare la fortezza allo splendore che
merita. Una volta terminati, il castello dovrebbe diventare un grande spazio
espositivo, pari a nessun’altro in Puglia.
BUONO A SAPERSI
Una cosa importante e utile da sapere è che il castello è
stato reso accessibile ai disabili
con un’attenzione degna di nota. La struttura non è solo dotata di rampe, ma
anche di montacarichi e ascensori sapientemente installati per rendere fruibili
tutti gli ambienti e apparentemente non invasivi all’occhio del visitatore. Ma non finisce qui.
La struttura si sta attrezzando per dare la possibilità di
far apprezzare le opere della Gipsoteca anche ai non vedenti con dei calchi realizzati appositamente e didascalie in
alfabeto Braille. Un valore aggiunto che non potevo non mettere in evidenza.
Costo del biglietto: 3
euro
Orari di apertura:
tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.00
Giorno di chiusura:
mercoledì
E con questo si chiude il nostro percorso alla scoperta di
alcuni dei castelli dei Federico II. Lungo questo itinerario ho scoperto un
uomo colto a Castel del Monte, un
orgoglioso stratega a Barletta, un imperatore a Trani e un amante a Gioia del
Colle. Mi sono divertita un mondo a portare avanti questo progetto, ho imparato
tanto sulla storia, sull’architettura, sulla storia dell’arte, e mi sono
stupita come le varie strutture possano rappresentare i diversi aspetti di
questa persona tanto importante per il mondo e per la mia regione.
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