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I misteri della cattedrale di Acerenza


Un paese definito "città- cattedrale", un monumento tra i più importanti della Basilicata e dei misteri che abitano tra le sue mura. Attraversiamo il portale e visitiamo la cattedrale di Acerenza.

La facciata della cattedrale di Acerenza

Visitare una cattedrale, a prescindere che si sia credenti o meno, è sempre emozionante. È come entrare in un’opera d’arte, nella storia del luogo che la ospita e nelle sue credenze. Se a questo si aggiunge un pizzico di mistero,  qualcosa mi sussurra di prendere la macchina fotografica, il taccuino e salire in macchina alla scoperta del nuovo arcano.

Ti parlo della cattedrale di Acerenza, un piccolo borgo della Basilicata, in provincia di Potenza, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Si racconta che questo luogo sacro sia legato a un personaggio a cui difficilmente si penserebbe in questo spazio di mondo, il conte Dracula.

Il borgo di Acerenza

Belvedere visto dall'alto di Acerenza

La macchina si arrampica sulla collina disegnando i tornanti che portano alla cima. Un mare ondulato color ocra, qualche ciuffo verde qua e là e il regolare, ipnotico movimento circolare della pale eoliche accompagnano lo sguardo verso l’alto, verso quel cucuzzolo popolato da tetti e dalla grande cupola della “città-cattedrale”.

Città-Cattedrale”, un modo per dire che Acerenza ospita una cattedrale monumentale pur essendo un piccolo paese. Ma non si ferma a essere “solo” una grande cattedrale, infatti è riconosciuta anche  tra i monumenti più importanti della Basilicata.

Parcheggiamo l’auto alle porte del centro storico. La via è indicata dai segnali stradali, ma non sarebbe difficile individuarla se non ci fossero: si sale, dritti verso il punto più alto del paese, seguendo la cupola che ci guarda dall’alto come fossimo puntini che lentamente, ma non troppo, risalgono le curve ripide.

I vicoli lastricati si fanno più stretti tra le case. Incontriamo la gente del luogo, affabile e sorridente come poche volte è successo di trovare in altri piccoli paesi.

Oltrepassiamo la piazza dell’orologio e dopo pochi passi già scorgiamo la facciata della cattedrale: tra le case il rosone sembra fare capolino, come a dire: “Ehi, sono qui! Siete arrivati!” E adesso comincia la caccia al mistero!

La cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio Vescovo

Dettaglio di una colonna del portale della cattedrale di Acerenza

Adesso qualche cenno storico è doveroso. La cattedrale di Acerenza venne fatta costruire intorno al XI secolo sui resti di una precedente chiesa paleocristiana di epoca romana. Quella che vediamo oggi è il risultato dei lavori di restauro voluti dai signori di Acerenza, il conte Giacomo Alfonso Ferrillo e sua moglie Maria Balsa (tieni a mente questi nomi, soprattutto quello della contessa, perché sono quelli legati al mistero più succulento).

Come al solito mi fermo ad ammirare il portale di entrata: i suoi bassorilievi intricati  sembrano più il lavoro di un abile tessitore che di uno scalpellino. Ai lati le colonne sormontano delle creature avvinghiate l’una all’altra: le guardo più da vicino ed ecco che distinguo meglio i soggetti, una creatura mostruosa che morde il collo di una donna. Al centro, proprio sopra il portale, uno stemma con un dragone alato.

Interno della cattedrale di Acerenza

Entriamo. Tre lunghe, immense navate dividono lo spazio davanti a noi. Nessun elemento opulento salta subito all’occhio per creare quel timore reverenziale che si trova di solito nelle cattedrali: basta la luce soffusa che riempie l’edificio dal pavimento alla cupola a incutere soggezione. Avanziamo e proseguiamo alla scoperta delle sue bellezze e alla ricerca dei misteri che custodisce.

San Canio e il bastone che si muove da solo

Cappella di San Canio all'interno della cattedrale di Acerenza

Camminando lungo il deambulatorio, alle spalle dell’altare, incontriamo alcune cappelle. Una delle più importanti è sicuramente quella dedicata a San Canio, il patrono di Acerenza.

È un ambiente regale circondato com’è da marmi verdi e rossi, con una luce calda e soffusa che ti dà quel senso di timore reverenziale e al tempo stesso di serenità. L’altare, in realtà, è solo ricoperto di marmo: l’originale, più antico, è in pietra e il suo aspetto attuale gli venne dato solo nel 1600.

Con il pastorale e la mitra, la statua del santo domina la scena dall’alto della nicchia sopra l’altare, che raccoglie la reliquia. Sembra quasi che sia lì a controllarla e proteggerla. Cos’è la preziosa reliquia che protegge? Il suo bastone.

Da un piccolo buco sulla parte inferiore dell’altare se ne vede un’estremità: un pezzetto di legno, che a trovarlo in qualunque altro posto non gli si darebbe troppo peso. Ma questo ha suscitato la curiosità di molti e infervorato la fede dei credenti, perché c’è chi giura di averlo visto muoversi autonomamente!

Che si sia credenti o meno, quando ci si trova in certe situazioni, tutti mettiamo alla prova l’ultraterreno. Così scrutiamo l’oggetto per vedere se il miracolo avviene anche davanti a noi, proprio in quell’istante, ma questa volta, nonostante sia stata lì a fissarlo per un tempo ragionevolmente lungo, lui è rimasto ostinatamente fermo al suo posto.

Credenze a parte, potrebbe essere utile sapere che il bastone in questione poggia su una superficie irregolare, quella dell’antico altare in pietra appunto, e questo potrebbe spiegare l’evento, sempre che non si  ceda all’idea del miracolo.

La cripta Ferrillo

Cripta Ferrillo nella cattedrale di Acerenza

Siamo arrivati al pezzo forte, quello forse più affascinante della cattedrale e dove le leggende di cui ti parlavo all’inizio del post prendono vita: la cripta Ferrillo, voluta da Giacomo Alfonso Ferrillo e sua moglie Maria Balsa.

Tramite una piccola scalinata scendiamo al di sotto dell’altare maggiore. L’ambiente è buio, silenzioso, si intravedono delle colonne e un altare con un sarcofago.

Un euro nell’apposita cassettina e luce fu. Un’illuminazione gentile ci dà modo di apprezzare le bellezze e la ricchezza dell’ipogeo in cui ci troviamo. Venne fatta realizzare nel ‘500 e lo stile rinascimentale, arricchito da alcuni elementi di gusto medievale, si vede tutto nelle decorazioni. Il bel sarcofago che troneggia nella nicchia sopra l’altare, inizialmente avrebbe dovuto essere destinato alla cappella del santo patrono, tanto da essere denominato come Sarcofago di San Canio.

Sulle due pareti laterali gli affreschi in stile rinascimentale donano all’ambiente solennità con le loro immagini dai colori caldi e profondi, sebbene sbiaditi dal tempo.

Dettaglio della colonna nella cripta Ferrillo nella cattedrale di Acerenza

Su tutto a sorprendermi sono i decori scultorei alla base delle colonne: teste mostruose, perfette nelle forme come se fossero state appena scolpite, mettono a disagio con le loro bocche spalancate, i denti ben in mostra e gli occhietti demoniaci.

La cosa ancora più curiosa è trovare in un luogo sacro il satiro Pan e quella di un demone panciuto con due code , che si dice essere Lilith, rispettivamente scolpiti in bassorilievo alla base di due colonne. 

Pan raffigurato alla base di una colonna della cripta Ferrillo nella cattedrale di Acerenza

Demone a due code raffigurato alla base di una colonna della cripta Ferrillo nella cattedrale di Acerenza


I dettagli quaggiù sono talmente tanti che il tempo non sembra bastare per scoprirli e ammirarli tutti, come l’acquasantiera sul cui fondo sono scolpiti quattro pesci.

Ora ti starai chiedendo quando mi deciderò a parlarti dei misteri che ti avevo promesso all’inizio del post. Bene, questo è il posto giusto per sverlarteli. Si dice che in questa cattedrale ci siano diversi riferimenti al conte Dracula, il quale pare fosse il padre di Maria Balsa: per riscattarlo delle crudeltà compiute in vita, lei avrebbe fatto raffigurare il padre, o dei simboli per rappresentarlo, nella cripta.

Ad esempio , nell’affresco dell’Adorazione dei Magi si dice essere raffigurata la stessa Maria Balsa, davanti alla quale si inginocchia un uomo anziano: il cappello decorato di perle, già visto nei ritratti del conte, starebbe a indicare che si tratta proprio del conte Vlad III.

Profilo di Vlad III di Valacchia nella cripta Ferrillo

Oppure, ancora, c’è il profilo in alto di un uomo dal pizzetto a punta e il naso schiacciato, rivolto verso l’entrata (quindi dando le spalle all’altare): c’è chi, anche qui, lo identifica come il conte della Transilvania.

Anche il simbolo del drago alato sulla facciata della cattedrale vorrebbe simboleggiare il legame con Dracula.

Stemma del drago alato sulla facciata della cattedrale di Acerenza

Buio. Il tempo a disposizione è finito, le luci si spengono e noi ci rassegniamo. Per fortuna non ci tocca guadagnare l’uscita a tentoni: la luce riesce a filtrare quel tanto che basta per non andare a sbattere contro una colonna. Certo è che rimanere al buio in questa cripta  mette un po’ di disagio, dopo aver letto della leggenda che racconta dei misteri che essa conserva.

Quanto c’è di vero in queste leggende?

Non ci sono prove della veridicità di quanto detto. Come sono nate queste supposizioni?

Sostanzialmente dal fatto che Maria Balsa avrebbe avuto origini balcaniche. Pare che fosse in realtà la figlia di Gojko Balšić e mentre suo padre combatteva contro gli Ottomani, nel XV secolo, al fianco di suo zio Giorgio Castriota detto Scanderbeg, lei, bimba di sette anni, e sua madre, Comita Arianiti, si rifugiarono nel Regno di Napoli.

Alcune leggende dicono che venne adottata e protetta da re Ferrante d’Aragona, appartenente all’Ordine del Drago, un corpo del quale faceva parte anche il conte Vlad III di Valacchia e il Ferrillo, conte di Acerenza.Una volta raggiunta l’età da marito, venne data in sposa a Giacomo Alfonso Ferrillo.

Ciò che ha fatto pensare ad un legame di parentela segreto con il conte Vlad III è il cognome di Maria, Balsa, che potrebbe essere un’italianizzazione del nome balcanico Balšić, ma in realtà di questo non c’è nessuna prova certa.

Usciamo dalla cattedrale, ben consapevoli del fatto che quello che abbiamo cercato può non avere riscontro nella realtà, ma con quella bella sensazione che ti porta una ricerca alla Indiana Jones, dove la bellezza dell’arte si fonde al divertimento della fantasia e della leggenda. Non sappiamo se Vlad III abbia effettivamente qualcosa a che fare con il sud Italia. Certo è che andare alla ricerca delle sue fantomatiche tracce ha un fascino irresistibile.

 

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