Vediamo… dovrebbe essere… eccolo!
Il bagaglio lo mettiamo nella cappelliera, cercando di non
farci sopraffare dal suo peso. I miei genitori dal finestrino mi salutano. Il
fischio! Si parte!
E’ la prima volta che prendo il treno da sola: di solito con
me c’è Alessio. Adesso invece mi aspetta a destinazione, a Bolzano.
Ho da poco finito gli studi, non so ancora bene cosa fare
della mia vita e, ovviamente, come ogni periodo di passaggio che si rispetti,
sono confusa e fuori rotta. Una condizione del tutto nuova per me, che ho
sempre saputo cosa volevo fare. Un viaggio in solitaria potrebbe essere
chiarificatore oltre che rigenerante.
Attraversare l’Italia in treno è un’esperienza affascinante:
percepisco lo spostamento spaziale e temporale, cosa impossibile viaggiando,
per esempio, in aereo, ma soprattutto posso apprezzare la diversità di questo
Paese. Sono piccole banalità a cui una bada quando è da sola. Mi sorprendo
persino nel sentirmi chiacchierare tranquillamente con i viaggiatori che hanno
preso posto accanto a me qualche fermata dopo Bari, io che in circostanze del
genere tendo a diventare introversa e taciturna. Scopro solo ora l’essenza del
viaggio.
Bologna: cambio treno, direzione Bolzano.
Il panorama cambia completamente: monti, foreste, laghi,
tutto avvolto da un velo grigiastro. Il sole della Puglia ormai è lontano. E
poi le Dolomiti. Mio fratello ha scelto di lavorare in un posto davvero
fiabesco.
Il treno rallenta. Guardo dal finestrino e leggo “BOLZANO”.
Poco più in là c’ è mio fratello: è lì sulla banchina che aspetta
pazientemente. E’ un mese che non lo vedo e ora capisco la bellezza del momento
in cui due persone che si vogliono bene si ritrovano dopo tempo e si corrono
incontro in un abbraccio che comincia ancor prima di un effettivo contatto,
sfidando la folla di passeggeri scesi dal treno, anche loro intenti nel
ricongiungersi con i propri cari.
Alberi, montagne sullo sfondo, aria frizzantina. Il centro
di Bolzano potrebbe fare da modello per un libro illustrato. Le vie sono
popolate da locali in cui la gente mangia o beve qualcosa di tipico;
chioschetti vendono gelati, birre,
wurst; l’atmosfera è quella di un posto sospeso nello spazio, come in effetti è Bolzano, tra due nazioni, tra due culture.
Usciti dal centro si attraversa il parco, il torrente
Talvera e ci immergiamo nei viali alberati. Bolzano è talmente tranquilla e
ordinata da non sembrare affatto una città. Sono catapultata in una realtà a
cui non sono abituata: fa uno strano effetto vedere tanta gente che
ordinatamente e pacatamente si gode la città in un allegro vociare che riempie
l’aria senza disturbare. Alloggiamo in un convitto, quello per gli insegnanti,
indicato ad Alessio dalla scuola in cui lavora. La stanza è luminosa e
abbastanza grande da ospitare due inquilini; uno specchio di fronte alla
finestra la fa sembrare ancora più spaziosa. Dalla finestra si vedono le
montagne che fanno da guardiane all’orizzonte e un giardino lussureggiante che
non fa altro che confondermi ancora di più le idee: sono davvero in una città?
“Quando ti cambi ti conviene stare lontana dallo specchio:
di fronte c’è il collegio maschile”, mi dice Alessio abbozzando un sorrisetto.
Mi affaccio, li vedo fare avanti e indietro davanti alle
loro finestre e non posso fare a meno di chiedermi come possa essere
l’esperienza scolastica in collegio.
Il sole ormai è tramontato e dopo un giorno di viaggio non
vedo l’ora di andare a dormire. Le luci delle finestre di fronte si spengono
una dopo l’altra. Spengo anche la mia col pensiero al programma che mi aspetta
al risveglio.
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