Le lezioni
sono finite; è ora di prendere l’autobus e tornare a casa. Mi incammino verso
la stazione centrale di Bari, la
attraverso per raggiungere Largo Ciaia, la mia fermata. Il pullman è già lì, in
attesa di partire con destinazione Taranto. Mi accomodo nel veicolo, lato
finestrino, come sempre. Si parte.
Lentamente
sfilano i palazzi che si affacciano su Viale Unità d’Italia e a un tratto
eccola lì: una piccola cupola verde brillante come una candela svetta tra le
costruzioni. E' la chiesa russa di San
Nicola.
Per anni ho
visto questa scena e ogni volta il desiderio di scoprire come fosse all’interno
la chiesa ortodossa cresceva un po’ di più. Ho dovuto aspettare di terminare
gli studi universitari per avere l’occasione di visitarla e capire qualcosa in
più di una cultura così legata alla città di Bari.
La mia
visita è stata guidata da dei volontari russi
e non avrei potuto chiedere di meglio. Non solo hanno fatto del loro
meglio per fornirci tutte le informazioni che potevano sulla chiesa e la sua
storia, ma ci hanno trasmesso tutta la loro vocazione. Probabilmente per loro
questa chiesa rappresenta un pezzetto della madre patria, essendo stato il
terreno su cui è edificata donato alle autorità della Russia nel 2007: per
un’oretta sono stata ospite dei russi, insomma.
Ho sempre
pensato che quando ci si accinge a visitare qualcosa di estraneo alla nostra
cultura o religione non bisogna abbandonarsi alle aspettative, perché non sappiamo
cosa troveremo e potremmo non goderci quello che abbiamo di fronte. Questo vale
anche per questa chiesa. Noi italiani siamo abituati a un certo stile
architettonico e a una ricchezza di dettagli, ma dobbiamo ricordare che si
tratta di chiese cattoliche. La chiesa russa è ortodossa e di conseguenza segue
altri criteri. Uno degli elementi principali, per esempio, è l’iconostasi, una parete costituita da
icone, appunto, con al centro quella che viene definita porta santa. Il principe Sirinskij-Sichmatov
raccolse di persona le effigi antiche per le iconostasi delle chiese di Bari e
di San Pietroburgo. Purtroppo però non vennero portate a Bari a causa della
guerra. Oltre questo divisorio c’è il presbiterio a cui hanno accesso solo il
vescovo e il sacerdote.
Entrata
nella chiesa mi è impossibile non notare un’icona esposta nel mezzo della sala.
Ci spiegano che di norma viene sistemata quella del santo del giorno, tranne
durante le festività legate a San Nicola. In queste occasioni viene mostrata
per tutto il periodo quella del santo a cui è dedicata la chiesa.
Ci fanno
notare anche l’icona di una Madonna col bambino chiamata “Madre di Dio”. La sua particolarità sta nel fatto che perde sangue.
La leggenda vuole che degli infedeli la colpirono con una spada, sfregiandola e
da quella ferita uscì del vero sangue. La storia di questa icona è molto più
lunga e articolata di così, costellata di miracoli fatti dalla Madonna. Quello
che mi ha più colpita non è stata la sua storia, le persone che sono arrivate
anche a sacrificarsi pur di salvarla da razzie o i suoi viaggi, ma il modo in
cui veniva raccontata. Raramente mi è capitato di percepire una così profonda
venerazione e fede nella propria religione. Vedere la commozione delle guide
mentre ci spiegavano gli eventi legati alla chiesa russa è stata la vera
sorpresa di questa visita.
Alle spalle
della chiesa c’è un giardino con molte piante, alcuni vialetti e panchine. Da
qui si ha accesso a una seconda chiesa, che ci dicono essere stata realizzata
in pochissimo tempo, con un’iconostasi decisamente più piccola rispetto alla
precedente, ma comunque molto curata.
La Puglia e la Russia |
La visita è
terminata. Non è stata molto lunga, ma è stato un modo affascinante di passare
una mattinata diversa. Mentre camminiamo per il giardino verso l’uscita un
senso di pace e tranquillità mi pervade, in totale contrapposizione col
traffico e caos della strada vicina, insieme a quella contentezza per aver
finalmente realizzato ciò che desideravo da tempo.
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